QUOTE(buzz @ Feb 5 2006, 11:58 AM)
Vincenzo, la tua analisi è un po' troppo specifica per essere compresa dai "più". Mi piacerebbe (personalmente) approfondire l'argomento, e per questo, se ne hai temnpo e voglia, ti inviterei a scrivere un tutorial per poter analizzare da noi gli istogrammi ( Per qualcuno potrebbe risultare utile) oppure di indicare se esiste qualcosa nel web, dove poterci andare a documentare.
Ciao Buzz e ciao a tutti.
Ho pensato molto prima di postare gli istogrammi, sia in questo 3D che in un altro, perché mi rendo conto che apre un aspetto di analisi dell'immagine che può apparire ostico e, forse, è sconosciuto a non pochi. In realtà l'istogramma è quanto di più esatto ed immediato abbiamo a disposizione per valutare sia la qualità della nostra ripresa, sia lo stato di salute del sensore e dei circuiti elettronici che obbligatoriamente lo accompagnano. C'è un solo settore della fotografia...chiamiamola tradizionale(per distinguerla dalla fotografia scientifica, di cui fa parte anche l'astrofotografia) in cui si può non tenere conto dell'istogramma: parlo del settore della fotografia artistico/creativa, ove spesso le regole vengono sovvertite allo scopo di ottenere il risultato voluto.
Non per niente abbiamo a disposizione l'istogramma addirittura sul display delle nostre macchine per una valutazione immediata.
Troppo complesso affrontare in un 3D una spiegazione esaustiva dell'istogramma: poiché, però, ogni programma serio offre la valutazione mediante istogramma, suggerirei, a chi ne fosse interessato, di perdere qualche tempo a leggere bene il manuale nella parte inerente all'argomento.
Per fare comunque una brevissima sintesi:
- ove possibile lavorare sempre sul raw
- sapere se si sta lavorando a 8 o 16 bit (il jpeg che ho analizzato è stato aperto a 8 bit)
- aperto l'istogramma scegliere il canale luminanza, che è il più importante in assoluto
- lungo l'asse orizzontale abbiamo i valori di luminosità, nero a sx, bianco a dx, con tutte le varie tonalità di grigio nel mezzo.
- L'asse verticale rappresenta il numero di pixel che hanno restituito una data luminosità.
L'immagine ideale è quella che si estende lungo la maggior parte possibile dell'ascissa (asse orizzontale), possibilmente senza preponderanza verso l'estremo destro, perché ciò significherebbe saturazione e possibile effetto di blooming.
Nell'immagine in questione, ad esempio, il bianco dei cartelli e delle maglie dei giocatori sono stati rappresentati con un valore massimo di 200 ADU (ADU= Analog Digital Unit, in pratica è il valore di luce che leggiamo nel pixel). In quella scala il bianco puro è rappresentato dal valore 255. Ciò significa sottoesposizione, che ha portato anche ad una mancanza di grigio-scuri (vedere lo spazio vuoto a sx dell'ascissa).
Nell'istogramma chiamato Volto di di Del Piero, ho selezionato solo l'incarnato del volto del giocatore: qui risalta una deviazione standard molto alta, circa 30. Poiché l'area scelta dovrebbe essere uniforme, di fronte ad un valore ADU medio di 82, dovremmo aspettarci una deviazione pari a 9: ciò significa che i fotoni non hanno colpito quell'area del sensore per un tempo sufficiente ad uniformarsi, il che ribadisce la sottoesposizione.
Quanto hai scritto sul rumore, in maniera obbligatoriamente molto semplice, è sostanzialmente esatto: mi permetto, però, di ricordarti che nel segnale luminoso stesso è presente un rumore, di natura statistica, ben rappresentato dalla legge di Poisson, che recita che il rumore di un segnale teoricamente uniforme è pari alla radice quadrata del segnale. Ecco perché è fondamentale esporre correttamente: se ricevo un segnale pari a 100 il suo rumore è pari a 10, cioè il 10%. Se espongo per ottenere 200, ottengo un rumore di circa 14, pari al 7%. A 12 bit, ove il valore massimo è 4096, se ottenessi sul bianco un valore di 4000 il suo rumore sarebbe pari a 63, cioè l' 1,5% L'occhio umano non è in grado di separare un pixel con valore 4000 da uno con valore che differisca dell'1,5%: il soggetto ci apparirebbe, quindi, uniformemente bianco.
Mi scuso della eccessiva semplicità, ma non vorrei spaventare i non appassionati del problema digitale.
Per concludere: meglio un diaframma più aperto che uno più chiuso.
Scusate la lunghezza del post.
Enzo Franchini