Ma non entriamo nella diatriba secolare di "cosa sia arte e cosa no"...
Ma come no?!
Proprio ora che cominciavo a divertirmi...

Vabbé, mi adeguerò e cercherò di non pronunziare l'infausta parola.

Dietro alla scelta del "come" e del "cosa" c'è sempre un "perché"
Decoro o illustro?
Se decoro non c'è regola che tenga, non c'è comunicazione che tenga, non ci sono "cosa" e "come" che tengano, l'unico obiettivo e la soddisfazione del mio unico, inimitabile, imperscrutabile gusto personale, indipendentemente da come esso si sia formato, parallelamente alla mia personalità.
Ho le pareti della sala da pranzo dipinte di un giallo che ai più farebbe venire i vermi, ma ci mangio io, deve piacere a me. Se un invitato si azzarda a criticarlo può andare a pranzare altrove.
Se invece illustro, ovvero racconto, ovvero produco mmmphhhfff, ovvero comunico, il discorso cambia.
Mi relaziono con uno o più soggetti esterni da me e le regole, o meglio le convenzioni, sono quelle che mi permettono di adeguarmi a un codice condiviso, di essere compreso, quindi le devo rispettare a discapito del mio ininfluente (in questo caso) gusto personale.
Non dipingerei mai le pareti di un ristorante con lo stesso giallo della mia sala da pranzo, farei scappare i clienti; sono LORO che devono trovarsi a proprio agio.
Disquisire poi su come si vengano a formare queste convenzioni (che riguardano svariati aspetti del "cosa" e ancor più svariati aspetti del "come") è problema ancora più spinoso che non disquisire su come si formi un gusto personale o disquisire su cosa sia l'mmmphhhfff.
Una cosa però la si può dire: non si può ridurre tutto alla regola dei terzi e alla prospettiva.
La foto che cita Ludo non è "assolutamente ben fatta" ma "inequivocabilmente leggibile" da chi condivide un certo sistema di convenzioni; c'è differenza.
Se metti una usa e getta in mano a una bambina inquadra esattamente così, per emulazione, per il solo fatto di essere abituata a guardare così, perché è perfettamente inserita nel proprio sistema di valori, credenze, simboli e convenzioni.
Appena è un po' più grande, papà le regala la prima compatta e lei (nel tentativo di soddisfare le sempre più pressanti richieste del proprio ego) comincia a fare foto di m.... giustificandole con noiosi sblateri sulla propria creatività, sulla propria libertà e sul proprio gusto personale.
Infine quando cresce, se cresce, si compra la prima reflex, si iscrive a un fotoclub e passa ogni venerdì sera ad ascoltare i pipponi di qualcuno che le insegna il perché e il percome deve fare le fotografie uguali a quelle che faceva da piccola.

Teatralizzo ovviamente, non riesco a farne a meno, ma mettendo da parte gli scherzi queste sono esattamente le tre fasi che attraversa un bambino nell'apprendimento del linguaggio: impara le prime cose per inconscio istinto di emulazione, poi comincia a inventarsi le parole e a commettere dei terribili strafalcioni perché è convinto che il linguaggio nasca da "dentro di se", e infine studiando e crescendo impara a padroneggiarlo.
Cosa c'entra il linguaggio?
Ovvio.
SE E QUANDO la uso per COMUNICARE, anche la fotografia è un linguaggio.
bastano two cents? è aumentato tutto...
robi