Sto ancora cercando di capire a cosa potesse servire quella che Max ci ha presentato come 'scultura'...
Il reportage di quella zona sta diventando di estremo interesse.
QUOTE(Led566 @ Mar 15 2005, 01:01 AM)
... i grossi impianti (chimici, metallurgici, centrali elettriche, etc.) sono ... ormai a basso utilizzo di manodopera: per esempio, la comunità veneziana può tranquillamente pensare alla chiusura definitiva di Porto Marghera nel giro di 5-10 anni senza dover per questo mettere in conto pesanti (per quella realtà!) ricadute occupazionali e sociali.
[...]
Il problema nel 2005 (ma anche 10 anni fa) in Italia è a mio avviso un altro: qual é il futuro di questo nostro paese? Siamo ancora e vogliamo essere un paese industriale?
Concordo pienamente con quanto ha scritto Led. Identico discorso si potrebbe fare per Ravenna, altra zona bruttata da un impianto chimico. Negli anni '60 si direbbe che abbiano scelto tutte zone paesisticamente belle, bellissime, e molto particolari, per costruire le cattedrali petrolchimiche...
Il quesito proposto da Led è ancor più inquitetante, se si pensa che non abbiamo quasi più industrie strategiche (cioè metalmeccanico, siderurgico...), che siamo l'unico paese degli otto definiti 'industrializzati' ad avere un debito strutturale proprio nel campo della chimica, in cui siamo gli unici a non produrre a sufficienza sostanze di base, e siamo costretti a importarle. Se non ricordo male questo debito strutturale era sino a due anni fa di 27.000 miliardi. Cosa vuol dire strutturale? Che è impossibile colmarlo... In altre parole andrà sempre ad aumentare: non siamo in grado di farvi fronte.
Questo è il risultato d'un trentennale saccheggio della chimica da parte della politica, che ha venduto i gioielli all'estero, e ha lasciato sole le ciofeche che non servono. Questo comporta il nostro debito strutturale, e per di più anche il dissesto di zone come la laguna di Venezia, il ravennate, Augusta/Priolo, e così via... Come si suol dire: il danno e la beffa