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Pagine: 1, 2, 3
enrico
La discussione è partita dalle risposte seguite ad un ritratto di Andrea nella sezione "Ritratto e Glamour", dal titolo "Portatore di Cristo" che invito ad andare a vedere.

Il succo del problema, che mi piacerebbe venisse discusso, è in questa mia risposta al tread, che trascrivo:

"La discussione si fa interessante e mi fa riflettere sul rapporto fra titolo ed immagine. Io ritengo che l'immagine sia fondamentale e cerco sempre di non aggiungervi titoli perchè, sempre a mio avviso, l'immagine deve parlare da sè. Quando c'è, il titolo deve solo costituire un aiuto alla lettura di un significato che, tuttavia, è nella e dell'immagine.
Se nella bella foto di Andrea il titolo fosse stato: "Restauratore al lavoro", vi avremmo visto la concentrazione di un artigiano artista con gli occhi fissi sull'opera da ripristinare.
Il titolo può rivelarsi quindi un elemento pericoloso, capace di stravolgere il senso di una foto. Oppure è importante per leggerla correttamente?
Che ne pensate?"
Enrico
toad
Un altro spunto di riflessione potrebbe essere questo thread.
enrico
QUOTE(toad @ Jul 6 2006, 04:00 PM)
Un altro spunto di riflessione potrebbe essere questo thread.
*



Grazie, segnalazione interessante.
Enrico
photoflavio
Enrico,
mi permetto di segnalarti questa discussione aperta dal buon Nico, a mio avviso una delle più interessanti in assoluto lette su questo forum. Tra le tante cose di cui si discusse, ad un certo punto (msg 64...) si iniziò a parlare del rapporto esistente tra le foto e le didascalie di accompagnamento... Se non ho male interpretato è lo stesso argomento da te sollevato qui.

Ai tempi la stampai e la rilessi con attenzione evidenziando le parti più interessanti. Sono convinto che troverai anche tu materiale interessante su cui poter poi discutere qui.

Un caro saluto biggrin.gif
Flavio

enrico
Grazie Flavio.
Enrico
apeiron
Penso anch'io, come te Enrico, che un titolo possa orientare la lettura di una immagine.
Ma, nello stesso tempo, mi domando se questo è sempre e comunque vero.
Quando guardo una fotografia, anche se con titolo o didascalia, il mio occhio è irresistibilmente attratto da ciò che "vede" in quanto immagine, seguendo in un istante l'insieme dei segni. Solo dopo cerca conferma,in un titolo o in una didascalia.Non accade mai viceversa, mi pare.
Sarebbe interessante sperimentare, in un processo di graduale riduzione dell'immagine e ingrandimento del titolo, fino a quando ciò è vero. Vale a dire fino a quando continuiamo a "vedere" prima l'immagine. Forse ci sarebbe da rimanere stupiti.
Quale fotografia ha bisogno di un titolo? Anche questa potrebbe essere una buona domanda.
Esiste cioé una fotografia il cui "debole" messaggio debba essere orientato e attivato attraverso un titolo?
E quale fotografia non ne ha bisogno?
E ancora, quando posso dire di aver "colto" il messaggio complessivo di una fotografia? Quando so esprimere il suo contenuto? Cioé quando sono in grado di comunicarlo attraverso il linguaggio, oppure molto prima, ancora prima che il processo del pensiero sia intervenuto e abbia trasformato "quella" fotografia in un testo. Esiste cioé una "immediatezza della percezione", che però possa diventare traccia per una possibile lettura, conoscenza...?
Apeiron
maurizioricceri
Se posso permettermi,credo che leggere a priori un titolo,equivale già a dare uno spunto di lettura di ciò che ancora non vediamo,ma che ci aspettimo.Forse una foto dovrebbe essere libera di trasmettere quall'emotività che ognuno è capace di recepire nel momento in cui la guarda,con il prorio stato d'animo,e non indirizzato da quelle che erano le intenzioni di chi le ha scattate. .... hmmm.gif chissà se sono riuscito a farmi capire ??
apeiron
QUOTE(maurizioricceri @ Jul 10 2006, 10:21 PM)
Se posso permettermi,credo che leggere a priori un titolo,equivale già a dare uno spunto di lettura di ciò che ancora non vediamo,ma che ci aspettimo.Forse una foto dovrebbe essere libera di trasmettere quall'emotività che ognuno è capace di recepire nel momento in cui la guarda,con il prorio stato d'animo,e non indirizzato da quelle che erano le intenzioni di chi le ha scattate. .... hmmm.gif chissà se sono riuscito a farmi capire ??
*


Perfettamente, Maurizio.
Sono d'accordo con te e con Enrico. Mi pare che anche lui sia più o meno di questa opinione.
A me interessava però spingere la questione un po' più in là. Mi chiedevo se e quando una fotografia può fare a meno di titoli e didascalie.
Penso anche, tuttavia, che il tema proposto da Enrico abbia a che vedere con quell'idea di "purismo" della fotografia alla quale in molti siamo legati.Andrebbe approfondito.
Apeiron
maurizioricceri
La fotografia ,credo,è una passione condivisa che lega tra se le persone,il purismo è un elemento principale,ma strettamente soggettivo,una stessa foto,penso,che a seconda di chi la guarda puo trasmettere contemporaneamente..ilarità..tristezza...noia..ma anche assolutamente niente.
Al_fa
il titolo può anche essere un inganno, ricordatelo

user posted image
enrico
Scusate se intervengo con ritardo, ma sono stato fuori.
Io credo nella fotografia come linguaggio, e quindi come mezzo di comunicazione, vale a dire come uno strumento per trasmettere ad altri il proprio pensiero e le proprie emozioni. Certo, non dico che sia cosa facile, per due motivi:

1 - quanto l'autore è capace di comunicare attraverso la fotografia? Cioè, quanto conosce del linguaggio fotografico e con quale efficacia riesce ad utilizzarlo? E' un po' la stessa cosa della scrittura. Ci sono persone che hanno pensieri ed idee profonde ma non riescono a comunicarlo per mancanza di capacità nel linguaggio verbale.

2 - quanto sappiamo leggere una fotografia? E' lo stesso problema del punto 1, ma rivolto al fruitore della foto.

L'idea che l'autore intende esprimere attraverso la fotografia, riesce a passare tanto più quanto più autore e fruitore dell'immagine sono padroni di questo particolare linguaggio.
Come ha intuito Apeiron, anch'io sono per il purusmo in fotografia e penso che una immagine debba parlare da sola. Credo, ma è solo una mia convinzione, che il titolo a volte serve per colmare una carenza comunicativa nel campo dell'immagine (carenza dell'autore o che l'autore pensa possa esserci nel fruitore).
Se un linguaggio, quello fotografico, avesse necessità di appoggiarsi ad un altro linguaggio, quello verbale, ammetterebbe una sua debolezza, una sua carenza strutturale. Io non credo che tale carenza risieda nel linguaggio fotografico, quanto nella scarsa cultura fotografica della gente, cultura fotografica che la scuola dovrebbe invece sviluppare, visto che si dedica con impegno al linguiaggio "concettuale", come lo chiama il Taddei, ed al linguaggio iconico (pittura), ma quasi nulla ad una forma di espressione nella quale siammo completamente e continuamente immersi.

Il fatto che ciascuno in una foto percepisca sensazioni sue proprie e ci veda significati che sorgono nella sua testa e che magari non erano nella testa dell'autore, è vero. Ed è anche bello godere di certe sensazioni estetiche e di certe impressioni. Ma saper leggere una foto è a mio avviso, andare oltre e saper riconoscere ciò che è nostro e ciò che è dell'autore. Solo così la fotografia diviene comunicazione.
Non so che ne pensate voi.

Un caro saluto
Enrico
apeiron
E' proverbiale il ritardo della scuola nel recepire le necessità di una formazione in linea con le esigenze di una moderna formazione. Sappiamo bene quanto, soprattutto la scuola di base credo, sia ancora fortemente debitrice nei confronti di una visione crociana della cultura.
Tuttavia, Enrico, la scuola, in quanto costituita da persone, non è insensibile alle novità, alle proposte che abbiano senso e spessore. Voglio sperare quindi che sempre più spazio trovi nella scuola quella cultura visiva di cui tu parli, fino ad oggi considerata secondaria se non superflua.
La comunocazione visiva è territorio ancora giovane rispetto alla cultura umanistica di lunghissima tradizione. Molto c'è ancora da fare, io credo. hmmm.gif
Apeiron
enrico
QUOTE(apeiron @ Jul 11 2006, 08:19 AM)
E' proverbiale il ritardo della scuola nel recepire le necessità di una formazione in linea con le esigenze di una moderna formazione. Sappiamo bene quanto, soprattutto la scuola di base credo, sia ancora fortemente debitrice nei confronti di una visione crociana della cultura.
Tuttavia, Enrico, la scuola, in quanto costituita da persone, non è insensibile alle novità, alle proposte che abbiano senso e spessore. Voglio sperare quindi che sempre più spazio trovi nella scuola quella cultura visiva di cui tu parli,  fino ad oggi considerata secondaria se non superflua.
La comunocazione visiva è territorio ancora giovane rispetto alla cultura umanistica di lunghissima tradizione. Molto c'è ancora da fare, io credo. hmmm.gif
Apeiron
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Concordo in pieno.
Io nella scuola ci lavoro (insegno fisica e chimica) e cerco di fare la mia parte per quanto riguarda la cultura dell'immagine. Intanto, nel laboratorio di chimica, per le reazioni di doppio scambio, faccio usare nitrato d'argento e cloruro di sodio. Il precipitato di cloruro d'argento lo uso per impregnare i dischetti di carta da filtro e, mettendovi sopra degli oggetti ed esponendo il tutto alla luce, ne faccio ricavare delle impronte. Parto così, dallo stupore suscitato nei ragazzi per parlar loro (in corsi pomeridiani) di fotografia e linguaggio fotografico. Alla fine dell'anno ciascuno partecipa con sue immagini ad una mostra collettiva.
Enrico
apeiron
Ottima idea, questa di Enrico, di far sperimentare agli studenti gli effetti della luce sui materiali sensibili. Tanto più che in questo modo l'esperienza viene fatta collettivamente, "alla luce", eliminando quell'aspetto "tecnico", a volte di ostacolo, che la camera oscura può suscitare.
Apeiron
enrico
QUOTE(apeiron @ Jul 11 2006, 10:10 AM)
Ottima idea, questa di Enrico, di far sperimentare agli studenti gli effetti della luce sui materiali sensibili. Tanto più che in questo modo l'esperienza viene fatta collettivamente, "alla luce", eliminando quell'aspetto "tecnico", a volte di ostacolo, che la camera oscura può suscitare.
Apeiron
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Aspetto tecnico affascinante che il digitale sta piano piano uccidendo. Non ho niente contro il digitale, ho acquistato da poco la D 200..., ma l'odore dell'iposolfito, la fioca luce giallo-verde sulle bacinelle, i negativi appesi ad asciugare hanno un fascino che i bit non hanno.
Ma stiamo uscendo fuori tema ohmy.gif
Enrico
PAS
Ritorniamo in tema: Il ruolo di un eventuale titolo nella foto.
Bello spunto di discussione e riflessione
Prima di dire la mia, vi propongo un piccolo test con una foto storica di Don McCullin.
Oltre ad essere una foto stupenda è decisamente esplicativa

user posted image

A questa foto è attribuito universalmente un titolo: “metalmeccanico al primo turno”
Bene supponete per un’attimo di non averla mai vista:
Considerando o meno il titolo nel contesto di lettura dell’immagine, l’effetto su di voi è lo stesso?
smile.gif
maurizioricceri
Ciao Enrico,penso che nel guardare una foto,anche incosciamente ,sono principalmente due gli elementi che ci colpiscono,uno dato dalla composizione estetica,dovuta all'aspetto tecnico,ovvero decentralità del soggetto,intensità luminosa,contrasti etc etc,e questo è un aspetto che più o meno può essere comune a tutti,ma man mano che ciò viene memorizzato ,di conseguenza ,come un filo conduttore,ne veniamo anche implicati emotivamente,vuoi per un particolare, per una somiglianza ad una persona o paesaggio a noi familiare, vuoi per lo sguardo di un bambino , o anche solo per una tonalità vivace o scura della composizione,ci trasmette delle emozioni che sono soggettive ma anche temporali ,dipendenti dal nostro stato d'animo.Non so se a te è mai capitato di guardare una stessa fotografia a distanza di tempo e coglierne aspetti che ,probabilmente per uno stato di ansia o di euforia,prima non eri riuscito a cogliere.
Una didascalia che accompagna una immagine così come l'ha voluta immortalare l'autore,è sicuramente un valido aiuto per capire lo stato d'animo dell'autore, ma qui entriamo (credo ) in un altro campo che diverge dalla foto in se stessa.
Con la speranza di essere riuscito a trasmetterti il mio pensiero,ti saluto con amicizia.
enrico
QUOTE(PAS @ Jul 11 2006, 10:48 AM)
Ritorniamo in tema: Il ruolo di un eventuale titolo nella foto.
Bello spunto di discussione e riflessione
Prima di dire la mia, vi propongo un piccolo test con una foto storica di Don McCullin.
Oltre ad essere una foto stupenda è decisamente esplicativa

user posted image

A questa foto è attribuito universalmente un titolo: “metalmeccanico al primo turno”
Bene supponete per un’attimo di non averla mai vista:
Considerando o meno il titolo nel contesto di lettura dell’immagine, l’effetto su di voi è lo stesso?
smile.gif
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Ciao,
bellissima immagine. Ce la puoi postare a maggior risoluzione?
Se non mi avessi indicato il titolo, io vi avrei letto di una persona adulta che si dirige verso un complesso industriale. Vi avrei letto l'intenzione dell'autore di "raccontare" un'atmosfera pesante, resa con una immagine a toni bassi, cupi. E' chiara l'intenzione dell'autore, nel porre la persona in primo piano e di spalle, circoscritto da linee di fuga prospettiche che convergono all'orizzonte, di mostrare quelle fabbriche come la meta del personaggio, unico nella scena.
In ogni caso, la lettura non sarebbe stata in contrasto con il titolo. Avrei evitato qualsiasi "integrazione psicologica", vale a dire immagini e riferimenti che potessero affiorare nella mia mente, indotti dall'immagine, ma non dell'immagine. Ed è proprio il rischio delle integrazioni psicologiche che può ostacolare la lettura della foto.
Il titolo? Specifica trattarsi di un metalmeccanico, quindi un di dipendente del complesso industriale, cosa forse intuibile, probabile, ma non estrapolabile dalla foto. Al primo turno fornisce una indicazione del momento del giorno. Il tipo di luce lascia capire che si tratta di un momento della giornata col sole basso sull'orizzonte; ma potrebbe essere al mattino (come ci dice l'autore), oppure anche al tardo pomeriggio.
Il discorso è che la fotografia ed il linguaggio concettuale, sono due ambiti diversi attraverso i quali poter comunicare. Alcuni concetti non sono comunicabili con l'immagine, come per altri versi una descrizione non può sostituire una fotografia.
Una sequenza di immagini può comunicare meglio un messaggio ma, anche se apprezzo i portfolio, resto un purista e mi piace di più la foto singola.
E' un po' lo stesso discorso del cinema muto e dell'avvento del sonoro. Oggi il cinema fa uso di più canali di comunicazioni (immagine, parlato, musiche). Leggevo di qualche esperimento sugli odori.
Ma qui entriamo nel campo della multimedialità. Certo che così è più facile comunicare.
Il titolo tende a rendere "multimediale" la fotografia.
Molto spesso può chiarire il messaggio dell'autore, ma credo che la vera foto parli da sé. Questa bellissma che ci hai postato, credo che avrebbe mantenuto tutta la sua forza anche senza il titolo.
Un altro punto su cui mi induci a riflettere, è che il titolo potrebbe anche essere fuorviante. Chi mi dice (non in questa foto, ma in una qualunque foto) che non sia messo a bella posta per fornire una chiave di lettura, parzialmente o totalmente diversa e fuorviante, dal vero significato di ciò che è rappresentato? Della verità che era dinanzi all'obiettivo quando il fotografo ha premuto il pulsante di scatto?
Nella foto tematica, in effetti, il fotografo può utilizzare il soggetto per esprimere una sua idea. In questo caso il soggetto ed il contesto diventano come la creta per lo scultore, materia grezza per esprimere "altro". Ma questo il fotografo lo fa con la scelta di una particolare inquadratura, di una particolare luce, angolazione di ripresa ecc.
Enrico

enrico
QUOTE(maurizioricceri @ Jul 11 2006, 11:07 AM)
Ciao Enrico,penso che nel guardare una foto,anche incosciamente ,sono principalmente due gli elementi che ci colpiscono,uno dato dalla composizione estetica,dovuta all'aspetto tecnico,ovvero decentralità del soggetto,intensità luminosa,contrasti etc etc,e questo è un aspetto che più o meno può essere comune a tutti,ma man mano che ciò viene memorizzato ,di conseguenza ,come un filo conduttore,ne veniamo anche implicati emotivamente,vuoi per un particolare, per una somiglianza ad una persona o paesaggio a noi familiare, vuoi per lo sguardo di un bambino , o anche solo per una tonalità vivace o scura della composizione,ci trasmette delle emozioni che sono soggettive ma anche temporali ,dipendenti dal nostro stato d'animo.Non so se a te è mai capitato di guardare una stessa fotografia a distanza di tempo e coglierne aspetti che ,probabilmente per uno stato di ansia o di euforia,prima non eri riuscito a cogliere.
Una didascalia che accompagna una immagine così come l'ha voluta immortalare l'autore,è sicuramente un valido aiuto per capire lo stato d'animo dell'autore, ma qui entriamo (credo ) in un altro campo che diverge dalla foto in se stessa.
Con la speranza di essere riuscito a trasmetterti il mio pensiero,ti saluto con amicizia.
*



Ciao Maurizio,
condivido appieno il tuo pensiero. Anche a me una foto fa sorgere sensazioni ed emozioni che dipendono dal mio vissuto, dalle esperienze che ho avuto nella vita, dagli studi che ho fatto, dallo stato d'animo del momento. Però, quando leggo una foto, vado alla ricerca degli elementi oggettivi, che sono poi le scelte tecniche e compositive dell'autore, per risalire a ciò che voleva comunicarci. Mi spiego meglio.
Nella prima delle due foto sotto, Doisneau ha scelto un punto di vista particolare per mettere in relazione le due statue, attribuendo a quella che ha posto di proposito in primo piano ed al bordo sinistro del quadro (dalla scrittura siamo condizionati anche nell'immagine a procedere da sinistra a destra e quindi la statua sulla destra appare a maggior ragione meta dello sguardo della prima), un intento malizioso che nella realtà non esiste. Chi passeggi per quel giardino, vede solo una serie di statue poste ad intervalli regolari.
Nella seconda, un altro autore ha fotografato Picasso, ponendo al centro del quadro un occhio e cancellando nell'ombra l'altro. E' quel solo, acuto occhio che esprime l'essenza del grande pittore, abituato a cogliere con acutezza la realtà e ad esprimerla nei suoi quadri.
Quindi il fotografo fa delle scelte tecniche e compositive particolari. Se le sappiamo leggere, mettendo da parte le nostre integrazioni psicologiche, abbiamo la possibilità di arrivare all'idea dell'autore.
Certo, non è importante solo il saper leggere una immagine; lo è altrettanto saperla scrivere. Avevo un amico che mi mostrava alcune sue foto, descrivendomele con entusiasmo. Stava cominciando a fotografare da poco e le foto non mi dicevano niente, ma mi rendevo conto che per lui erano degli appunti che gli ricordavano dei momenti e delle scene che lo avevano estasiato. Ma le sue foto non riuscivano a comunicare queste sue sensazioni.
D'altra parte, come non è facile la fotografia, non lo è altrettanto la scrittura. Dante Alighieri non si può dire che non sapesse scrivere: ma quanti saggi sono sorti sui suoi scritti, quanti commentatori si son dati da fare per cercare di chiarire certi punti oscuri del suo dire? E di quante poesie non riusciamo a cogliere il significato se non possediamo una cultura adeguata?
Ciao
Enrico
PAS
QUOTE(enrico @ Jul 11 2006, 02:24 PM)
Ciao,
bellissima immagine. Ce la puoi postare a maggior risoluzione?
....
*


Ciao
Vedo se riesco a recuperarla più risoluta

QUOTE
....
Un altro punto su cui mi induci a riflettere, è che il titolo potrebbe anche essere fuorviante. Chi mi dice (non in questa foto, ma in una qualunque foto) che non sia messo a bella posta per fornire una chiave di lettura, parzialmente o totalmente diversa e fuorviante, dal vero significato di ciò che è rappresentato? Della verità che era dinanzi all'obiettivo quando il fotografo ha premuto il pulsante di scatto?


Il titolo ad una immagine è di solito assegnato dall’autore.
Perché spesso l’autore di una foto sente questa necessità?
Vedo due possibili motivazioni:

1 - Fornire a chi la osserverà una chiave di lettura, probabilmente quella che l’autore desidera sia utilizzata per apprezzare appieno l’immagine.
Non mettendo il titolo l’autore teme forse che la lettura sia sviata da interpretazioni soggettive denunciando così una sua presunta debolezza espressiva.

2 - Aggiungere un rafforzativo con lo scopo di estendere la lettura dell’immagine oltre la sensazione visiva.

Ammirando la foto di McCullin ho avuto sensazioni simili alle tue, ma con una predominante valutazione di aspetti tecnici e compositivi.
Leggendo il titolo poi ho pensato ad una famiglia, lasciata nel sonno delle prime ore del mattino, in silenzio, ad una vita fatta di giornate tutte uguali che ormai non ha altro scopo che quel percorso solitario della quale è diventato quasi la metafora.
Ciao

PAS
Provo così
Ciao
bluemonia
secondo me il titolo rafforza un'immagine e la rende unica, tende a dare un certo "spessore" alla foto.
Sinceramente mi piacicono di più le foto con il titolo, non so dirvi bene il perchè, ma ci vedo qualcosa di più personale, la chiave di lettura del suo autore..
che secondo me non denuncia una debolezza espressiva, ma indirizza verso la giusta chiave di lettura.
ognuno interpreta attravero la sua esperienza e la sua cultura, la prima è soggettiva, la seconda è oggettiva per un certo numero di persone e in un certo spazio luogo/temporale.. poi ci sono dei simboli, delle immagini che invece hanno il medesimo significato in quasi tutto il mondo, ma sono davvero troppo pochi, persino i colori vengono interpretati in modo diverso dalle diverse culture.. e allora come si fa a dare un messaggio oggettivo per tutti??? è quasi impossibile.. un titolo potrebbe aiutare in questo intento.. o comunque ci potrebbe raccontare qualcosa di più, qualcosa che nella foto non c'è, ma che c'è stata nel momento dello scatto... e quando è così (cioè che non c'è un titolo esplicito) mi piace di più, perchè mi regala un'immagine e mi lascia spazio per interpretarla a mio modo, ma con un elemento in più: il titolo.

Ps
bella discussione! smile.gif


apeiron
L'immagine sublime di Don, scelta da PAS, è quanto mai rappresentativa del fatto che, almeno in questi casi di altissimo livello, il titolo possa apparire superfluo.
Che cosa potrebbe portarci fuori tema nel tentare di descrivere questa straordinaria immagine?
Senza il supporto del titolo, davvero potremmo incorrere in una lettura tanto lontana dalle intenzioni di MacCullin così che solo il titolo ci conduce in maniera inequivocabile al soggetto di questa fotografia?
Non sono sicuro poi che il titolo nasca sempre da una precisa intenzione dell'autore di una immagine. Non vanno sottovalutate le esigenze editoriali, le quali sono assolutamente e giustamente rigide in fatto di pubblicazioni.
Ciao,
apeiron
PAS
QUOTE(apeiron @ Jul 11 2006, 05:03 PM)
.....
Che cosa potrebbe portarci fuori tema nel tentare di descrivere questa straordinaria immagine?
....
*



Infatti non ho parlato di rischio di fuori tema, bensì di un possibile desiderio dell’autore di aprire, tramite la sintesi di un titolo, la porta sul particolare mondo che ha generato l’immagine.
Ciao
smile.gif

maurizioricceri
Personalmente ritengo che avere a priori una chiave di lettura,serva solo a verificare,che l'autore ,sia riuscito a trasmettere in quell'immagine la Sua emotività,di quel momento,e sulla riuscita o meno dell'intento si può anche discutere. Ma una bella foto anonima(senza titolo)deve riuscire a trasmettere emozione in chi la guarda, farLo sentire parte del contesto raffigurato.A me, la foto "metalmeccanico al primo turno " fa venire in mente la canzone di Modugno "l'uomo in frak"un senso di tristezza,di solitudine, di emarginazione....mentre per quello che ne sappiamo,quell'uomo potrebbe essere il metalmeccanico più sereno di tutta la fabbrica.
maurizioricceri
QUOTE(enrico @ Jul 11 2006, 01:51 PM)
Ciao Maurizio,
condivido appieno il tuo pensiero. Anche a me una foto fa sorgere sensazioni ed emozioni che dipendono dal mio vissuto, dalle esperienze che ho avuto nella vita, dagli studi che ho fatto, dallo stato d'animo del momento. Però, quando leggo una foto, vado alla ricerca degli elementi oggettivi, che sono poi le scelte tecniche e compositive dell'autore, per risalire a ciò che voleva comunicarci. Mi spiego meglio.
Nella prima delle due foto sotto, Doisneau ha scelto un punto di vista particolare per mettere in relazione le due statue, attribuendo a quella che ha posto di proposito in primo piano ed al bordo sinistro del quadro (dalla scrittura siamo condizionati anche nell'immagine a procedere da sinistra a destra e quindi la statua sulla destra appare a maggior ragione meta dello sguardo della prima), un intento malizioso che nella realtà non esiste. Chi passeggi per quel giardino, vede solo una serie di statue poste ad intervalli regolari.
Nella seconda, un altro autore ha fotografato Picasso, ponendo al centro del quadro un occhio e cancellando nell'ombra l'altro. E' quel solo, acuto occhio che esprime l'essenza del grande pittore, abituato a cogliere con acutezza la realtà e ad esprimerla nei suoi quadri.
Quindi il fotografo fa delle scelte tecniche e compositive particolari. Se le sappiamo leggere, mettendo da parte le nostre integrazioni psicologiche, abbiamo la possibilità di arrivare all'idea dell'autore.
Certo, non è importante solo il saper leggere una immagine; lo è altrettanto saperla scrivere. Avevo un amico che mi mostrava alcune sue foto, descrivendomele con entusiasmo. Stava cominciando a fotografare da poco e le foto non mi dicevano niente, ma mi rendevo conto che per lui erano degli appunti che gli ricordavano dei momenti e delle scene che lo avevano estasiato. Ma le sue foto non riuscivano a comunicare queste sue sensazioni.
D'altra parte, come non è facile la fotografia, non lo è altrettanto la scrittura. Dante Alighieri non si può dire che non sapesse scrivere: ma quanti saggi sono sorti sui suoi scritti, quanti commentatori si son dati da fare per cercare di chiarire certi punti oscuri del suo dire? E di quante poesie non riusciamo a cogliere il significato se non possediamo una cultura adeguata?
Ciao
Enrico
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Ciò che tu dici è estremamente veritiero,ma ciò può anche non essere condiviso ! mi spiego meglio con un banale esempio " Perchè mentre ammiro un quadro devo per forza essere affiancato da uno "Sgarbi" che tenacemenyte mi vuol far vedere ciò che vede lui ?? (altrimenti si incazza pure "" biggrin.gif )lasciatemi il libero arbitrio di valutare dal MIO punto di vista. come già ho cercato di dire,credo,che siano due faccie di una stessa medaglia,ovvero" l'interpretazione che voleva attribuire l'autore" e l'emotività che la foto riesce a produrre,quanto riesce a coinvolgerti nello spaccato di una TUA vita vissuta.....ciao
enrico
QUOTE(maurizioricceri @ Jul 11 2006, 04:30 PM)
Personalmente ritengo che avere a priori una chiave di lettura,serva solo a verificare,che l'autore ,sia riuscito a trasmettere in quell'immagine la Sua  emotività,di quel momento,e sulla riuscita o meno dell'intento si può anche discutere. Ma una bella foto anonima(senza titolo)deve riuscire a trasmettere emozione in chi la guarda, farLo sentire parte del contesto raffigurato.A me, la foto "metalmeccanico al primo turno " fa venire in mente la canzone di Modugno "l'uomo in frak"un senso di tristezza,di solitudine, di emarginazione....mentre per quello che ne sappiamo,quell'uomo potrebbe essere il metalmeccanico più sereno di tutta la fabbrica.
*



Perfetto Maurizio,
hai centrato il problema. "...per quello che ne sappiamo,quell'uomo potrebbe essere il metalmeccanico più sereno di tutta la fabbrica". In una foto documentaria, il significato della "foto" deve coincidere col significato della "cosa" rappresentata. In una foto "tematica", come questa, il significato della foto è "l'idea" del suo autore. L'autore, come constati anche tu, ci trasmette un senso di oppressione, tramite le sue scelte tecnico-espressive.

Poi la foto (in generale) ha due aspetti:

1 - il messaggio che veicola: fotografia come linguaggio

2 - le emozioni, multiformi che suscita nei fruitori e che possono essere anche diverse da quelle provate dall'autore

Al punto 1 la fotografia è comunicazione ed il destinatario riceve un messaggio da parte dell'autore.

Al punto 2 la fotografia è solo uno stimolo per un "messaggio" che viene dall'interno stesso del fruitore, messaggio a questo punto imprevedibile ed incontrollabile dall'autore dell'immagine.

Per me tutte e due le cose sono vere, si tratta di filtrare ciò che viene da noi da ciò che viene dall'autore.

Questo tema ho visto ricorre spesso anche in altri tread. I punti di vista si possono riassumere in questi due:

a - io non credo che la fotografia sia comunicazione; è impossibile risalire a ciò che l'autore voleva dirmi, quindi mi limito a godere delle sensazioni che l'immagine mi suscita: negazione dell'esistenza stessa di un "linguaggio fotografico".

b - attraverso l'analisi dell'immagine, analisi non sempre facile, è possibile risalire all'idea dell'autore e questo è possibile, tanto più quanto più l'autore è bravo a scrivere ed il "lettore" è bravo a leggere: accettazione della fotografia come linguaggio.

Il punto b è quello in cui mi ritrovo ed è il punto che non esclude le sensazioni personali che la foto contemporaneamente suscita, diverse, in ciascuno di noi.
L'importante, ripeto, è saper filtrare e separare le due cose.

Enrico
enrico
QUOTE(maurizioricceri @ Jul 11 2006, 04:47 PM)
...lasciatemi il libero arbitrio di valutare dal MIO punto di vista. come già ho cercato di dire,credo,che siano due faccie di una stessa medaglia,ovvero" l'interpretazione che voleva attribuire l'autore" e l'emotività che la foto riesce a produrre,quanto riesce a coinvolgerti nello spaccato di una TUA vita vissuta.....ciao
*



Vedo che, in fondo, la pensiamo allo stesso modo smile.gif
Enrico
maurizioricceri
QUOTE(enrico @ Jul 11 2006, 05:53 PM)
Vedo che, in fondo, la pensiamo allo stesso modo  smile.gif
Enrico
*


Certi Enrico sono perfettamente in accordo con quello che dici. wink.gif poi accettiamo anche pareri discordi !!l'importante è mettersi in discussione con democrazia e risppetto verso le altrui idde. ciaooooooo
enrico
QUOTE(maurizioricceri @ Jul 11 2006, 10:30 PM)
Certi Enrico sono perfettamente in accordo con quello che dici.  wink.gif  poi accettiamo anche pareri discordi !!l'importante è mettersi in discussione con democrazia e risppetto verso le altrui idde. ciaooooooo
*



Il massimo rispetto. Ci mancherebbe. Se ciascuno di noi non si mettesse in discussione e non riflettesse sui contributi degli altri... addio comunicazione! biggrin.gif
Ciao
Enrico
PAS
QUOTE(apeiron @ Jul 11 2006, 05:03 PM)
L'immagine sublime di Don, scelta da PAS, è quanto mai rappresentativa del fatto che, almeno in questi casi  di altissimo livello, il titolo possa apparire superfluo.
.....
*



Bene,
questo dà spunto per proseguire nel piccolo test:
supponiamo che alla foto di McCullin fossero stati attribuiti altri titoli quali ad esempio:

<< barbone in periferia >>
<< smog >>
<< civiltà indistriale >>
<< Yorkshire sunshine >>
ecc.

Ovviamente la valutazione tecnica ed estetica dell’immagine non ne sarebbe stata influenzata ma i diversi titoli non avrebbero aperto altre prospettive di lettura? Avremmo invece continuato imperterriti a considerarlo un “metalmeccanico al primo turno?”

Quindi è proprio vero che:
QUOTE
….il titolo possa essere superfluo…..

?
hmmm.gif hmmm.gif
enrico
QUOTE(PAS @ Jul 12 2006, 02:05 AM)
Bene,
questo dà spunto per proseguire nel piccolo test:
supponiamo che alla foto di McCullin fossero stati attribuiti altri titoli quali ad esempio:

<< barbone in periferia >>
<< smog >>
<< civiltà indistriale >>
<< Yorkshire sunshine >>
ecc.

Ovviamente la valutazione tecnica ed estetica dell’immagine non ne sarebbe stata influenzata ma i diversi titoli non avrebbero aperto altre prospettive di lettura? Avremmo invece continuato imperterriti a considerarlo un “metalmeccanico al primo turno?”

Quindi è proprio vero che:

?
hmmm.gif  hmmm.gif
*



Ed il cerchio si chiude. Siamo tornati allo spunto (la bella immagine di Andrea) dal quale è nata questa discussione: "Portatore di Cristo" che mi permetto di riproporre. Cosa vi avremmo visto se il titolo fosse stato "Restauratore al lavoro"?
Allora il titolo è veramente un fattore delicato in una immagine, se è capace di stravolgerne il senso. Il Taddei di cui ho letto i libri (soprattutto la "Lettura strutturale della fotografia") e che per me è forse il più grande in questo campo, cerca, con un metodo di un rigore di cui non ho trovato riscontro in altri autori, esegue la "lettura" di una foto, a partire esclusivamente dagli elementi interni alla stessa, fermandosi all'informazione ad essi legata. Ne risulta una lettura "onesta" e nella quale tutti gli autori cui, per controprova, è stata mostrata, si sono ritrovati.
Io credo che una foto veramente "grande", possa parlare da sola, senza bisogno del titolo. Tuttavia, poichè l'intento è dell'autore, se egli ritiene di indirizzarne la lettura in un certo verso mediante un titolo particolare, non trovo niente da obiettare, tranne forse sospettare una certa debolezza dell'immagine o una mancanza di fiducia in se stesso del fotogafo (sono solo opinioni personali, intendiamoci, e poi dipende da foto a foto). Un conto è però un titolo dato alla foto dall'Autore, un altro è invece quello di un titolo dato da altri (casa editrice, giornale), in alcuni casi volto a falsificare la realtà per fini ideologici o altro. E quì forse è oltremodo opportuno imparare a leggere le immagini in modo oggettivo, per non lasciarsi ingannare.
Enrico
Enrico
enrico
Ho dimenticato di inserire l'immagine di Andrea. Scusate, forse è l'età... mad.gif
Enrico
Franco_
Una fotografia può avere molte chiavi di lettura, che variano da osservatore ad osservatore e condizionate dalla sua cultura, preparazione, sensibilità, stato d'animo, sesso, età ...

Assegnando il titolo (non un titolo), l'autore impone una particolare chiave di lettura: la sua.

Il difetto delle foto con il titolo è che normalmente si legge prima il titolo e poi si osserva la foto (questo è maggiormente evidente sul web dove spesso, per vedere la foto, è necessario cliccare sul titolo): in questo caso è inevitabile che il titolo possa influenzare la lettura della fotografia.

Molto meglio, secondo me, è vedere prima una foto e poi, se c'è, leggere il titolo (come nel caso di libri o mostre); in questo caso l'osservatore legge la foto con la propria chiave di lettura e poi, eventualmente, la confronta con quella scelta dall'autore; a volte questa lettura ne esce rafforzata (il titolo è assonante con le sensazione provate) altre volte ne esce contrastata e qui spesso si apre/può aprire un confronto interiore tra le due chiavi di lettura, che spinge l'osservatore ad interrogarsi più profondamente sul perchè delle diverse interpretazioni.

Concludo con una riflessione: oggi viviamo in un mondo dove tutto è catalogato e spesso l'etichetta catalogatrice finisce per diventare titolo. Del resto è meglio avere a che fare con "_DSC5284.NEF" o con "Solitudine" ?
enrico
Ciao Franco!
Ben risentito.
Enrico
Franco_
Ciao Enrico, mi fa piacere parlare con te, questa discussione è interessante.

Adesso devo uscire, a rileggerti più tardi wink.gif
maurizioricceri
QUOTE(PAS @ Jul 12 2006, 02:05 AM)
Bene,
questo dà spunto per proseguire nel piccolo test:
supponiamo che alla foto di McCullin fossero stati attribuiti altri titoli quali ad esempio:

<< barbone in periferia >>
<< smog >>
<< civiltà indistriale >>
<< Yorkshire sunshine >>
ecc.

Ovviamente la valutazione tecnica ed estetica dell’immagine non ne sarebbe stata influenzata ma i diversi titoli non avrebbero aperto altre prospettive di lettura? Avremmo invece continuato imperterriti a considerarlo un “metalmeccanico al primo turno?”

Quindi è proprio vero che:

?
hmmm.gif  hmmm.gif
*


credo che questi "titoli " da te suggeriti,siano (a mio modesto avviso)più eloquenti,
in quel contesto,osservare una persona solitaria,rattrappito nel proprio cappotto,mani in tasca ,al di fuori di un complesso in piena attività (ciminiere fumanti) non mi dà l'idea di uno che vada ad un cambio di turno lavorativo,ma piuttosto di un vagabondo senza meta nè parte.
maurizioricceri
QUOTE(enrico @ Jul 12 2006, 08:13 AM)
Ho dimenticato di inserire l'immagine di Andrea. Scusate, forse è l'età... mad.gif
Enrico
*


Al di là della bella foto che non è da mettere in discussione,anziche un "portatore di Crisrto ", a me ,pare più un "portatore di angoscia "una persona intenta in una profonda riflessione,uno che sta cercando di mettere ordine nei propri pensieri,sguardo fisso nel vuoto,mente isolata dal contesto che lo circonda.....
enrico
QUOTE(maurizioricceri @ Jul 12 2006, 10:55 AM)
credo che questi "titoli " da te suggeriti,siano (a mio modesto avviso)più eloquenti,
in quel contesto,osservare una persona solitaria,rattrappito nel proprio cappotto,mani in tasca ,al di fuori di un complesso in piena attività (ciminiere fumanti) non mi dà l'idea di uno che vada ad un cambio di turno lavorativo,ma piuttosto di un vagabondo senza meta nè parte.
*



A me, le linee di fuga della staccionata a destra e del bordo della strada a sinistra che avvolgono il personaggio e la sua postura, non danno l'idea di un vagabondo senza meta, mi danno invece l'impressione di uno che va con decisione in un posto preciso verso l'orizzonte. Opinioni smile.gif
Enrico
maurizioricceri
QUOTE(enrico @ Jul 12 2006, 11:57 AM)
A me, le linee di fuga della staccionata a destra e del bordo della strada a sinistra che avvolgono il personaggio e la sua postura, non danno l'idea di un vagabondo senza meta, mi danno invece l'impressione di uno che va con decisione in un posto preciso verso l'orizzonte. Opinioni smile.gif
Enrico
*


Rispetto la tua opinione Enrico,come vedi ,la stesso foto ci suggerisce chiavi di lettura diverse,sono proprio quelle linee di fuga della staccionata e della strada ,le ciminiere fumanti, mi fanno pensare ad un complesso industriale attivo e vivo che nella mia immginazione,esalta maggiormente l'emarginazione del personaggio estraneo e incurante della realtà che lo circonda,come diceva Nodugno " ha l'aspetto trasandato,malinconico ed assente". Chissà ? hmmm.gif : magari è il propietario della fabbraca ?? blink.gif
ciao saluti...
PAS
E’ ovvio che la mia carrellata di titoli “alternativi” alla foto di McCullin è da considerarsi solo una provocazione per sottolineare un aspetto della lettura dell’immagine (solo di certe immagini) di cui sono del tutto convinto:

Il titolo può costituire la sintesi di un messaggio che diventa parte integrante dell’immagine e ne orienta e forse condiziona la lettura.

Ne più ne meno di ciò che avviene in altri ambiti dell’arte
Faccio un esempio alto, ma solo per spiegarmi meglio:
Picasso (e non un’editore) ha attribuito ad una sua opera un titolo: Guernica
Penso sia universalmente accettato che il titolo costituisca parte integrante di quell’opera e ne orienti e condizioni la lettura.

Ovvio che non è sempre così:
Per la macro di una farfalla forse il titolo potrebbe essere superfluo
smile.gif
maurizioricceri
QUOTE(PAS @ Jul 12 2006, 08:14 PM)
E’ ovvio che la mia carrellata di titoli “alternativi” alla foto di McCullin è da considerarsi solo una provocazione per sottolineare un aspetto della lettura dell’immagine (solo di certe immagini) di cui sono del tutto convinto:

Il titolo può costituire la sintesi di un messaggio che diventa parte integrante dell’immagine e ne orienta e forse condiziona la lettura.

Ne più ne meno di ciò che avviene in altri ambiti dell’arte
Faccio un esempio alto, ma solo per spiegarmi meglio:
Picasso (e non un’editore) ha attribuito ad una sua opera un titolo: Guernica
Penso sia universalmente accettato che il titolo costituisca parte integrante di quell’opera e ne orienti e condizioni la lettura.

Ovvio che non è sempre così:
Per la macro di una farfalla forse il titolo potrebbe essere superfluo
smile.gif
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Ovviamente Pas concordo con quello che dici,il titolo può diventare parte integrante dell'immagine,in particolr modo in una opera d'arte universalmente riconosciuta,dove il titolo definisce solo e solo quella opera d'arte,con un riferimento ben preciso,in cui vi è anche la chiave di lettura di un particolare momento dell'autore,ma questo,credo,non deve condizionare il MIO modo di interpretare l'immagine. Voglio dire,se guardo una immagine,cerco di interpretarne i colori,le curve,le espressioni,il contesto generale che suggerisce e stimola le mie percezioni,poi,se vogliamo,possiamo anche discutere del "perchè " l'autore abbia voluto cogliere quel particolare momento,e immedesimarci nella psiche dell'autore,ma qui entriamo in un altro campo,almeno credo. wink.gif che ne pensi ??
PAS
Maurizio ritengo vi siano due livelli di lettura (o valutazione) di un’immagine fotografica.

Un primo livello inerente la tecnica con cui è stata eseguita. E qui si intrecciano regole canoniche di composizione e tecnica di ripresa, preferenze estetiche soggettive, ecc.
Questo primo livello è influenzato poco o nulla da un eventuale titolo.

Un secondo livello riguarda un messaggio più profondo che l’autore vuole comunicarci con l’immagine e che spesso va oltre l’immagine stessa, quasi a voler superare il limite fisico di un singolo fotogramma, e proporci l’intero “film” dal quale è stato idealmente estratto.
Ovvero coinvolgerci soprattutto emotivamente nella sua scelta di quel soggetto e di quel contesto.
E qui il titolo può divenire veramente fondamentale.
smile.gif
maurizioricceri
Poi...un girasole è un girasole comunque,anche quello dipinto da Van Gogh,unica differenza che il Suo vale miliardi,il mio nessuno lo vuole.Con questo,non ho la presunzione di mettermi al Suo pari,ma solo per dire che ognuno di Noi ,ha dentro di se,quel potenziale per trasmettere delle emozioni,ma lasciamo che ognuno sia libero di recepirle a modo suo.....ciao
maurizioricceri
QUOTE(PAS @ Jul 12 2006, 08:52 PM)
Maurizio ritengo vi siano due livelli di lettura (o valutazione) di un’immagine fotografica.

Un primo livello inerente la tecnica con cui è stata eseguita. E qui si intrecciano regole canoniche di composizione e tecnica di ripresa, preferenze estetiche soggettive, ecc.
Questo primo livello è influenzato poco o nulla da un eventuale titolo.

Un secondo livello riguarda un messaggio più profondo che l’autore vuole comunicarci con l’immagine e che spesso va oltre l’immagine stessa, quasi a voler superare il limite fisico di un singolo fotogramma, e proporci l’intero “film” dal quale è stato idealmente estratto.
Ovvero coinvolgerci soprattutto emotivamente nella sua scelta di quel soggetto e di quel contesto.
E qui il titolo può divenire veramente fondamentale.
smile.gif
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Pas, siamo perfettamente daccordo,volevo solo sottolineare che quello che tu chiami "secondo livello"sposta la discussione dall'immagine all'autore,non meno interessante,ma esula da quelli che sono i canoni fotografici.
PAS
Ovvio che una valutazione tecnica può essere “asettica” e basata solo su regole più o meno codificate. Richiede pertanto da parte del fruitore dell’immagine “solo” un buon livello di cultura fotografica.

Per recepire invece ciò che l’autore ci vuole comunicare (titolo compreso) occorre qualcosa in più.
smile.gif
Franco_
QUOTE(PAS @ Jul 12 2006, 10:05 PM)
Ovvio che una valutazione tecnica può essere “asettica” e basata solo su regole più o meno codificate. Richiede pertanto da parte del fruitore dell’immagine “solo” un buon livello di cultura fotografica.

Per recepire invece ciò che l’autore ci vuole comunicare (titolo compreso) occorre qualcosa in più.
smile.gif
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Ciao Valerio,
ho seguito attentamente questa discussione e sono perfettamente d'accordo con te (e non è la prima volta visto che sto ancora meditando sulla riflessione che hai aperto una decina di giorni fa al bar Pollice.gif ).
enrico
QUOTE(maurizioricceri @ Jul 12 2006, 08:58 PM)
Pas, siamo perfettamente daccordo,volevo solo sottolineare che quello che tu chiami "secondo livello"sposta la discussione dall'immagine all'autore,non meno interessante,ma esula da quelli che sono i canoni fotografici.
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Maurizio,
ma il primo livello della foto, quello che il Taddei chiama dell'informazione materiale, cioè le scelte tecniche, la luce, l'inquadratura, l'angolazione, la composizione, riflettono delle precise scelte dell'autore, scelte condizionate "dall'idea" dello stesso. Non si possono scindere le due cose. Quando ti lasci prendere dalle sensazioni che la foto ti procura, e sei liberissimo di farlo, osservi la foto come "oggetto". Quando inizi a pensare all'autore e cerchi di capire perchè ha fotografato a quel modo quel soggetto, cosa gli passava per al mente, cosa quel soggetto ha suscitato in lui, cosa ci ha voluto trasmettere, allora osservi la foto come "segno", cioè come "qualcosa che stà per qualcos'altro", come messaggio quindi.
Ciao
Enrico
maurizioricceri
.... Pollice.gif siamo sulla stessa lunghezza d'onda !!!
maurizioricceri
QUOTE(enrico @ Jul 12 2006, 09:22 PM)
Maurizio,
ma il primo livello della foto, quello che il Taddei chiama dell'informazione materiale, cioè le scelte tecniche, la luce, l'inquadratura, l'angolazione, la composizione, riflettono delle precise scelte dell'autore, scelte condizionate "dall'idea" dello stesso. Non si possono scindere le due cose. Quando ti lasci prendere dalle sensazioni che la foto ti procura, e sei liberissimo di farlo, osservi la foto come "oggetto". Quando inizi a pensare all'autore e cerchi di capire perchè ha fotografato a quel modo quel soggetto, cosa gli passava per al mente, cosa quel soggetto ha suscitato in lui, cosa ci ha voluto trasmettere, allora osservi la foto come "segno", cioè come "qualcosa che stà per qualcos'altro", come messaggio quindi.
Ciao
Enrico
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Concordo Enrico,in fondo con parole diverse ,stiamo affermando la medesima valutazione.L'aspetto tecnico è una informazione materiale, l'aspetto "segno " è un qualcosa che spazia nella dimensione umana,nei meandri del nostro subincoscio proiettato nell'immagine..una poesia....un quadro....un poema...il nostro bisogno di " COMUNICARE ". Come disse Macchiavelli ?.." il fine giustifica i mezzi ! " almeno in questa tipologia.
Pagine: 1, 2, 3
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