In questo periodo la natura è nel pieno del suo risveglio ed invita a staccare la spina dal tran-tran quotidiano per godere appieno le sue meraviglie. Così una mattina, caricato in macchina lo zaino con il mio corredo fotografico, sono andato a fare una passeggiata nella zona più a sud della Penisola. Ho scelto di percorrere la statale 106 Jonica da Capo Spartivento a Capo dell’Armi, seguendo dalla costa l’ultima parte di un ipotetico itinerario percorso dalle navi dei Calcidesi, i fondatori, all’inizio dell’ VIII sec. A.C., dell’antica Rhegion (l’attuale Reggio Calabria).
Arrivato a Capo Spartivento, guardo d’istinto il mio GPS che mi indica 37,93° di Latitudine N e 16,06° di Longitudine E. Subito dopo il mio sguardo va verso il faro che, situato su di una collinetta alta 64 m.s.l.m., sovrasta la costa. Non posso non provare un momento di nostalgia nel pensare che dal 1867 – anno d’installazione della sua lanterna – sino a pochi anni fa il faro ha rappresentato un importantissimo riferimento per i naviganti. La tecnologia ne ha ormai ridimensionato il ruolo, tuttavia esso continua a rimanere un riferimento per il territorio ed infonde un senso di sicurezza a coloro che vanno per mare nei paraggi. Il fascio luminoso che parte dal faro, infatti, può raggiungere una distanza di oltre 50 chilometri. Fino a poco tempo fa era presidiato da personale civile, adesso è in telegestione dal Marifari Messina ed è presidiato da un nucleo della Marina Militare Italiana.

Da queste parti la primavera è ormai in uno stato avanzato; i caldi raggi del sole dorano la superficie del mare rendendolo pienamente fruibile dai diportisti, oltre che dai marinai di professione.

Provando un po’ di sana invidia per quei due pescatori, mi rimetto in macchina ed inizio il mio viaggio verso Capo dell’Armi.
(continua)