
Inizio dalla fine: ho affidato la mia D70, più un'ottica, un po' di giga di memoria e altri ammenicoli in conto vendita al mio "pusher" fotografico di fiducia. Quando li avrò "piazzati", arriverà una F6 ad affiancare la FM3a e la "vecchietta" ma sempre arzilla FE.
Sono arrivato "tardi" al digitale, con un po' di scetticismo. Le prime esperienze mi hanno entusiasmato, soprattutto perchè la D70 ha fugato ogni mia perplessità iniziale sulla qualità delle immagini. Sono tuttora convinto che il "gap" qualitativo fra pellicola e sensore (parlo del colore, ovviamente) sia già stato superato coi 6 megapixel della D100 prima e della D70 e derivati poi, senza scomodare più recenti e performanti dslr.
Perchè, dunque, ho deciso di ritornare all'argento, affidandomi - unica mediazione digitale - eventualmente allo scanner?
Primo ordine di motivi: la gestione delle immagini. Scatto in Nef, quindi è indispensabile (lo sarebbe comunque, ma in modo meno pressante, accontentandosi) una accurata anche se "limitata" postproduzione. Mi trovo ancora con alcuni giga di immagini scattati lo scorso mese sull'hard disk, e non riesco a trovare il tempo di metterci mano. Sarà perchè sto al computer 10 ore al giorno per lavoro, e rientrando a mezzanotte passata non mi va di rimettermici per "portare avanti" l'arretrato. Oppure accade come oggi: mezza giornata libera che avrei potuto utilizzare fuori a scattare, e che - se voglio vedere tutte le immagini che mi interessano stampate - devo passare "pastrugnando" con Capture. Le stesse immagini, scattate con la Velvia, sarebbero state consegnate al laboratorio il giorno succesivo, riconsegnate due giorni dopo e da tempo archiviate nei caricatori, già proiettate più volte, le migliori stampate (magari da file, dopo averle scansionate).
Secondo ordine di motivi: l'hardware. L'ho detto, la D 70 produce ottime immagini. Ma trovo sempre più claustrofobico (pensavo che con l'uso mi sarei abituato) il minuscolo e buio mirino, col quale focheggiare in manuale con un tele non luminosissimo (e spesso è obbligatorio farlo) è un problema.
Non solo. Sono tornato dal Senegal (dopo aver percorso senza problemi Sahara e Tanzania) con la reflex piena di polvere ovunque (molta più di quanta ne abbia mai riscontrata in passato, anche in occasione di impegni più gravosi, in Slr a pellicola) e con tutte le ghiere di comando "allentate", che cambiavano impostazione (che so, dalla priorità ai diaframmi a quella dei tempi) semplicemente sfiorandole. Colpa, probabilmente, del concorso di fattori ostili quali il caldo, l'umidità, l'azione abrasiva della polvere. I comandi, dopo qualche tempo di clima "europeo", hanno ripreso parte della loro "tonicità", ma non è stata una bella esperienza avere una Dslr che si comportava, come ho già avuto modo di scrivere, come l'elastico allentato d'un vecchio paio di mutande.
L'errore più grosso è stato ovviamente il mio: ho preteso di utilizzare un'ottima "auto da città" come se fosse una Land Rover.
E qui sta il punto. Nel settore digitale la soglia per acquistare un "Suv" sta attorno ai duemila euro della D200, e si tratta comunque di un Suv: va bene per andare a sciare sulle strade innevate, per gli sterrati delle nostre colline, ma non è fatta per attraversarci il Sahara.
Il Sahara, nel mondo digitale, lo si attraversa oggi con Dslr come la D2x, ossia a un prezzo 2,3 volte (a spanne) superiore a quello di un formidabile "fuoristrada" a pellicola come la F6.
Queste, per sommi capi, le esperienze e le riflessioni che mi hanno indotto - dopo un anno e mezzo di Dslr che è stato comunque produttivo e "istruttivo" - a decidere per il ritorno totale alla pellicola. Non mi resta che confidare in Fuji e Ilford, a questo punto...

Diego