Giacomo Sardi
Jan 23 2013, 12:42 AM
mi stavo chiedendo quanto fosse conveniente scannerizzare e conservare file a 64-48-16 bit quando i negativi sono in bianco e nero?
Per ottenere il massimo da uno scanner come il plustek , ma questo vale anche per altri modelli, si deve scansionare ad una determinata risoluzione eppoi rimpicciolire alla risoluzione di stampa.
Nel caso del plustek 7400 è conveniente scannerizzare a 7200 dpi eppoi ridurre lato massimo 6000 pixel.
A questo punto sorge però il problema dell'archiviazione delle scansioni...
Una scansione da 7200 dpi proveniente da una 35mm ha una grandezza di
70 mb circa tiff grigi 8bit
408 mb circa tiff colori da 48 bit (16 per 3 canali)
136 mb circa tiff grigi 16 bit
per il 64 bit si sforano i 600-700 mb
ho scannerizzato negativi di fomapan 400 con silverfast 8 che genera tiff livelli di grigio a 8bit provenienti da tiff 16bit in input e come anteprima, in modo da poter correggere eventuali errori prima della scansione finale a 8bit......e li ho confrontati con i file provenienti da scansioni fatte con vuescan generando tiff da 16 e 48 bit provenienti da scansioni 16-48-64 bit in input
a monitor quando entrambi mantengono la diversa profondità in bit non scorgo differenze, noto solo un piccolissimo vantaggio nei 16 bit quando cerco di recuperare una zona vicina al bianco assoluto, ma se fossi stato abbastanza bravo a correggere il bianco nell'anteprima di silverfast (che è a 16 bit) probabilmente non ne avrei avuto bisogno..
PRIMO CONFRONTO ridimensionando a 12mp
ecco a voi i risultati:
silverfast 8 , file di uscita 8 bit tiff livelli di grigio
70mb, aggiustatina livelli in Lightroom e ridimensionato 4256 pixel lato lungo, pubblicato in jpeg
data 22 gennaio 2013 ora 12 52 47.jpg di
Giacomo.Sardi, su Flickr
vuescan , file di uscita 48bit RGB
408 mb,desaturato e aggiustatina livelli in Lightroom e ridimensionato 4256 pixel lato lungo, pubblicato in jpeg
data 22 gennaio 2013 ora 18 57 09.jpg di
Giacomo.Sardi, su Flickr
a presto altre prove... se volete contribuire ben venuti!
maxbunny
Jan 23 2013, 08:55 AM
Io no ti ho capito. Parli di risoluzione di scansione poi di stampa mischiandola con la profondità di bit. Boh.
Per quanto riguarda la profondità di bit e di colore ti riporto un documento che trovai tempo fa su internet:
La profondità di bit e di colore esprimono, in potenza al quadrato, il numero massimo di livelli di grigi o di colori che uno scanner può riconoscere per ogni pixel che campiona. Uno scanner a un bit (oppure uno scanner a colori o a scala di grigi utilizzato nella modalità al tratto) riproduce le diverse tonalità di un originale come punti bianchi o neri (2’ = 2 livelli).
Uno scanner in scala di grigi a 8 bit può teoricamente acquisire 28 o 256 differenti livelli di grigio. Uno scanner a colori a 24 bit campiona 8 bit per pixel per ciascuno dei tre canali RGB, rosso, verde e blu, per un totale di 256 x 256 x 256 = 16.777.216 (224) possibili valori di colore.
Maggiore è la profondità di bit, più elevato è il dettaglio che una periferica per scansioni teoricamente può riprodurre.
Il valore di 24 bit espresso per le immagini in modalità RGB, quindi 8 bit per ciascuno dei tre canali è divenuto uno standard per le scansioni e per l’elaborazione delle immagini: in parte ciò è dovuto al fatto che il numero 256 corrisponde al valore massimo di tonalità riproducibili per ogni colore dal linguaggio PostScript, lo standard digitale utilizzato per il desktop publishing.
Tuttavia quando si confrontano le diverse periferiche per scansioni non tutti i bit sono uguali. Ad esempio, negli apparecchi basati su tecnologia CCD, i due bit più alti che determinano la profondità di colore della periferica sono generalmente di scarso valore in quanto non sono in grado di produrre un’informazione dettagliata di colore.
Così solo i rimanenti 6 bit (64 colori per canale, o 262.144 colori) risultano attendibili, ma con una perdita di 198 colori per canale. Le limitazioni intrinseche di alcune tipologie di CCD sono la causa dei seguenti difetti:
I sensori CCD più economici sono sensibili ai rumori elettrici dell’ambiente, che possono di- storcere e modificare la lettura dei colori. I CCD utilizzati invece negli scanner a letto piano di fascia alta, in quelli per diapositive e nelle macchine fotografiche digitali di buona qualità posseggono un più alto rapporto segnale/rumore e quindi riescono a trasferire ai convertitori A/D dei segnali più puliti.
Esiste una relazione tra la dimensione dei sensori CCD e la sensibilità alla luce: si immagini ogni sensore come un piccolo secchiello: più piccolo è il secchiello minore sarà la quantità di acqua che potrà contenere. Per ottenere maggiori risoluzioni ottiche, i costruttori tendono a compattare un numero molto alto di sensori in uno spazio molto ristretto: utilizzano di conseguenza dei sensori di dimensioni sempre più esigue.
Ma riducendo la dimesione di ciascun sensore di limita il numero di livelli di colore che ogni singolo elemento può riconoscere. Quando viene digitalizzato un originale che contiene un’ampia gamma di tonalità dal bianco al nero, viene compromessa la capacità di questi CCD di catturare i dettagli.
I sensori CCD sono anche soggetti alle interferenze. Per comprendere meglio in che cosa consistono le interferenze, si immagini di uscire da una casa buia verso un paesaggio innevato. L’improvvisa luminosità crea un forte fastidio agli occhi di chiunque, rendendolo temporaneamente incapace di vedere correttamente i colori del paesaggio.
La stessa cosa avviene quando la luce satura i sensori CCD adiacenti tra loro, distorcendo in tal modo la purezza del segnale che ogni singolo sensore riuscirebbe a trasmettere ai convertitori A/D. Quando si verifica questo difetto l’immagine digitalizzata che si ottiene conterrà dei pixel vicini tra di loro che hanno tonalità sbagliate, specialmente nelle zone dove vi sono repentini cambiamenti di luminosità.
Il risultato che si ottiene da dispositivi che adottano CCD economici, che producono quindi bit “scadenti”, è uninsufficiente qualità nelle tonalità continue, delle transizioni sfumate tra i vari livelli di luminosità dell’immagine.
Tuttavia il numero di bit nominali potrebbe indurre a pensare che la qualità ottenuta sarebbe stata superiore. I costruttori di scanner e fotocamere digitali hanno cercato di risolvere questi problemi proponendo dei dispositivi a più alta profondità di bit (10, 12, 14, 16 e oltre). I bit “scadenti” in questo modo possono essere scartati, ottenendo le 256 tonalità per colore senza disturbi indesiderati nell’immagine finale. Questo aspetto porta inevitabilmente ad affrontare il concetto di gamma dinamica, un’altra variabile correlata alla profondità di bit come fattore di qualità nelle scansioni.
L'area di analisi.
Le dimensioni massime degli originali che una periferica può digitalizzare determinano la cosiddetta area di analisi della macchina, denominata anche area di scansione. Gli scanner manuali rappresentano la fascia più economica riferita a questo fattore, in quanto possiedono un’area di analisi molto limitata. Gli scanner a letto piano possiedono aree di analisi che vanno dal formato UNI A4, 21 x 29.7 cm fino al formato A3extra, circa 30 x 43 cm.
Gli scanner per diapositive e trasparenze possiedono aree di analisi fisse, basate sulle dimensioni delle diapositive per le quali sono stati studiati; tuttavia alcuni modelli hanno la possibilità di adattare l’area di analisi a diverse dimensioni di originali. Le aree di analisi degli scanner a tamburo variano da un minimo di 15 x 15 cm per i modelli da scrivania di fascia bassa, fino a dimensioni superiori a 50 x 70 cm per i modelli di fascia alta.
Le macchine fotografiche digitali sono sostanzialmente degli scanner per oggetti tridimensionali. Per queste apparecchiature è opportuno parlare di sistema ottico piuttosto che di area di analisi.
L’insieme dell’area di analisi, la risoluzione ottica, e le dimensioni dell’originale determinano il massimo numero di pixel che uno scanner può acquisire e di conseguenza anche le dimensioni massime alle quali l’immagine potrà essere stampata.
Gamma dinamica, gamma di densità.
La profondità di bit determina il numero complessivo di colori o di livelli di grigi che un dispositivo per scansioni può rilevare, mentre la gamma dinamica (talvolta denominata anche gamma di densità) determina la “morbidezza” delle transizioni tra tonalità adiacenti in un’immagine digitale.
Questi termini possono essere applicati sia a originali che a dispositivi di scansione. Quando si riferisce agli originali, la densità viene misurata con un valore che va da O a 4D (densità ottica), che indica nei materiali trasparenti la capacità di ostruire il passaggio di luce, mentre in quelli opachi la capacità di assorbimento della luce.
Quando il termine gamma dinamica viene riferito a dispositivi di scansione, esso indica la capacità della macchina di riprodurre minime variazioni di tonalità e viene espresso con la differenza tra i toni più chiari (dmin) e i toni più scuri (dmax) che quel dispositivo riesce a rilevare. Più è elevata la gamma dinamica di uno scanner o di un’originale, maggiore sarà la gamma d livelli di luce che potrà rilevare, oppure ostruire o assorbire. Un dispositivo per scansioni che possiede un’ampia gamma dinamica è in grado quindi di riprodurre maggiori dettagli.
Questo aspetto è visibile soprattutto nelle ombre (le zone più scure delle immagini) dove è più difficile rilevare dettagli e differenziare i vari livelli di luce, in quanto in queste zone esiste una debole energia luminosa che riflette o trasmette i dettagli delle zone scure.
La gamma dinamica influenza il contenuto di un’immagine digitale. Con gli scanner a letto piano più datati l'immagine acquisita da una stampa fotografica presenta delle evidenti compressioni di tonalità nelle zone d’ombra e altre compressioni nelle alte luci.
La stessa immagine, acquisita con uno scanner a letto piano più recente che possiede una gamma dinamica più ampia, presenta maggiori dettagli nelle zone di luce e d’ombra.
La gamma dinamica può variare anche tra dispositivi che presentano la stessa profondità di bit nominale. Quindi nel caso di acquisto di uno scanner è opportuno valutare con prudenza i dati descritti nei fogli illustrativi e cercare di ottenere una scansione comparativa tra i vari modelli valutati.
È evidente comunque che la gamma dinamica non rappresenta la sola variabile che influenza la qualità di una scansione; uno scanner che impiega dei sensori CCD molto sensibili ai rumori di fondo può produrre scansioni “sporche”, anche se presenta una gamma dinamica molto ampia.
I dispositivi di scansione e gli originali possiedono delle precise caratteristiche di densità.
Generalmente gli scanner a tamburo presentano ampie gamme dinamiche e valori di densità massima più alti di qualsiasi altro dispositivo per scansioni, analogamente gli originali trasparenti (diapositive, pellicole, fotocolor) possiedono ampie gamme dinamiche e più elevate densità rispetto agli originali opachi, acquisiti in riflessione (bozzetti, stampe fotografiche).
Un altro fattore che influenza la gamma dinamica nelle scansioni è la natura logaritmica (non lineare) della densità. Gli originali positivi (stampati, diapositive, bozzetti e stampe fotografiche) tendono a presentare una maggiore compressione tonale nelle ombre; gli originali negativi (pellicole e negativi fotografici) invece tendono a presentcde questa compressione nelle zone delle alte luci.
Non esiste un dispositivo per scansioni che riesca a compensare completamente questa tendenza, ma una gamma dinamica molto ampia certamente può ridurre tali compressioni.
Per ottenere la migliore qualità nelle scansioni, occorre scegliere un dispositivo per scansioni che disponga di un’ampia gamma dinamica e rilevi una densità massima superiore a quella che si presenta negli originali che devono essere normalmente digitalizzati.
Ad esempio, uno scanner a letto piano di media qualità con una gamma dinamica di 3.0 e una dmax di 3.2 può facilmente riprodurre tutte le tonalità di stampe fotografiche in riflessione.
Lo stesso scanner, se equipaggiato con un adattatore per trasparenza, può anche acquisire le informazioni tonali di molti tipi di diapositive in commercio. Tuttavia per catturare tutte le informazioni di un duplicato di un fotocolor oppure nel caso di lavorazioni in trasparenza di alto livello qualitativo richieste per le grandi campagne pubblicitarie, è assolutamente necessario disporre di uno scanner a tamburo oppure di uno a letto piano ma di fascia alta.
Se non si devono digitalizzare immagini ad alto livello molto frequentemente, non è necessario spendere inutilmente dei soldi per una periferica di alto livello. Ciò è ancora più valido se normalmente le immagini acquisite verranno stampate su carta non patinata o carta per quotidiani, che limitano fortemente il livello di riproducibilità della gamma dei toni.
I costruttori dei dispositivi per scansioni di basso e medio livello spesso non
indicano la gamma dinamica e la densità massima delle loro macchine.
È importante richiedere questi dati nel caso si debba acquistare uno scanner, e incoraggiare i costruttori a indicare la dmax, la dmin e la gamma dinamica nei fogli che ne descrivono le caratteristiche.
Aumentare la gamma dinamica.
I recenti miglioramenti tecnici introdotti negli scanner e nelle macchine fotografiche digitali hanno contribuito ad aumentare la gamma dinamica disponibile. Alcuni di questi miglioramenti sono:
-Scanner con una più elevata profondità di bit I nuovi modelli di macchine basate sulla tecnologie CCD possono catturare 10, 12, o anche 16 bit per colore, grazie alla maggiore sensibilità di ciascun sensore. I convertitori A/O possiedono la potenza di elaborazione necessaria per scartare i bit di livello più alto (quelli “sporchi”) e campionare i livelli grezzi di tensione analogici fino a ottenere solo gli 8 necessari, però di buona qualità e sufficientemente “puliti” per riprodurre fedelmente le varie tonalità per ogni singolo canale.
-Sensori CCD con un più elevato rapporto segnale/rumore I sensori CCD adottati negli scanner a letto piano di fascia alta, quelli per diapositive e nelle macchine fotografiche digitali sono meno sensibili alle sorgenti di rumore elettrico (scariche nell’impianto di illuminazione, onde radio, e così via).
Ciò riduce le interferenze e mantiene più puliti i segnali elettrici prodotti dai CCD, che quindi vengono convertiti in dettagli tonali più fedeli.
Correzioni durante le scansioni Alcuni Processori di Segnale Digitale (DSP, Digital Signal Processing) e i convertitori AID di alcuni scanner danno la possibilità di ottimizzare le tonalità delle immagini prima che i segnali analogici vengano trasformati in dati digitali.
Questi sistemi possono ridurre l’inevitabile perdita di informazioni che si verifica quando viene eseguita una correzione cromatica dopo la scansione.
Controlli di esposizione regolabili Alcuni modelli di scanner a tamburo da scrivania, scanner per diapositive e macchine fotografiche digitali consentono di regolare i parametri di esposizione e di apertura. Se la profondità in termini di bit dello scanner è sufficienla combinazione tra un’apertura inferiore e un maggiore tempo di esposizione consentiranno di catturare maggiori dettagli nelle zone d’ombra critiche.
Verificato che il programma di scansione le supporti, esistono delle tecniche di correzione delle immagini che possono essere adottate durante le scansioni per migliorare la gamma dinamica delle immagini.
È normale per un professionista cercare di ottenere la migliore qualità possibile dalle immagini digitali che si realizzano. In questo capitolo sono stati illustrati i fattori tecnologici che contribuiscono a migliorare la qualità di entrata delle immagini digitali: la tecnologia di acquisizione, la risoluzione ottica e di scansione, l’area di analisi, la profondità di bit e la gamma dinamica.
Per quanto riguarda la risoluzione di scansione e di stampa ti riporto un altro documento:
Risoluzione di scansione, risoluzione di stampa e dimensione in pixel
In questo paragrafo viene affrontato uno dei concetti fondamentali relativi alle scansioni. La domanda è: a che risoluzione va eseguita la scansione?
La prima risposta è: dipende da che cosa voglio fare con l'immagine acquisita.
Vediamo i vari casi.
Il primo, più semplice, è: voglio stampare l'immagine così acquisita.
In questo caso la risoluzione di scansione deve essere tale da garantire una sufficiente risoluzione di stampa.
--------------------------------------------------------------------------------
Caso base: scansione da diapositiva o negativo
Immaginiamo di effettuare la scansione da diapositiva o negativo. Noto in margine che, se l'originale è una stampa, è di norma assai raccomandabile effettuare la scansione direttamente dal negativo e non dalla stampa, perché così si evita di aggiungere un "passaggio" in più.
In questa ipotesi, la dimensione della diapositiva o del negativo è ovviamente costante; di conseguenza la risoluzione da impostare sullo scanner dipende dai pixel che si desiderano nell'immagine finale, secondo la formula:
risoluzione (DPI) = lato in pixel desiderato / 36 mm × 25,4
dove 36 mm è la larghezza del negativo e 25,4 è ovviamente il fattore di conversione da mm a pollici.
Per calcolare la dimensione in pixel dell'immagine stampata, il valore costante è invece la risoluzione voluta, misurata in punti per pollice (DPI). Se si deve fare un uso tipografico dell'immagine, il valore convenzionale considerato ottimale è di 300 DPI. Quindi l'immagine acquisita andrà ridimensionata secondo la seguente formula:
lato in pixel = lato in mm / 25,4 × 300
Per la stampa fotografica tradizionale (chimica) o per quella casalinga a getto d'inchiostro, la risoluzione può scendere a circa 200 DPI, per ingrandimenti fino all'ordine del 20*30, senza significativo scadimento qualitativo. Se poi si passa a ingrandimenti molto forti (poster 30*45 o 50*70), la risoluzione può scendere ancora (vedi anche le note sulle stampe di Photocity).
Combinando le due formule precedenti, si ha infine:
risoluzione di scansione (DPI) = (lato in mm della stampa finale / 36) × 300
dove 300 potrà anche diventare 200 o meno, nei casi citati sopra.
Notiamo anche che il termine tra parentesi non è altro che l'ingrandimento richiesto, essendo 36 il lato del negativo in mm.
--------------------------------------------------------------------------------
Un esempio: l'ingrandimento 20*30
Se vogliamo fare un ingrandimento 20*30, il lato in mm della stampa finale è 300 mm, l'ingrandimento richiesto è 300/36 = 8,33. Quindi una stampa a 300 DPI deve essere acquisita a 300*8,33 = 2500 DPI allo scanner, che corrispondono a un lato maggiore in pixel pari a 300/25,4*300 = 3540 pixel.
Il lato minore, per foto nel tradizionale rapporto 2:3 tra i lati, risulta 3540/3*2 = 2360. L'immagine che abbiamo ottenuto è pertanto di 3540*2360 = 8354400 pixel, cioè circa 8 Megapixel.
--------------------------------------------------------------------------------
Qualche commento sulla risoluzione massima
Vanno tenuti presenti i seguenti punti:
Vale la pena di sottolineare che una scansione da circa 8 Megapixel (2500 DPI allo scanner) può essere considerata il limite massimo per una scansione, per lo meno al normale livello di qualità che può essere richiesto ai lettori di questo sito.
Abbiamo infatti detto che 300 DPI è la risoluzione ottimale per la stampa tipografica (una risoluzione superiore non serve!) e che in molti casi la risoluzione di stampa può scendere anche a 200 DPI, e soprattutto scende se si vogliono forti ingrandimenti. Di conseguenza uno scanner da 2500 DPI è un ottimo scanner, utile per la maggioranza delle situazioni. Uno scanner da 4000 DPI, pari a circa 21 Megapixel(!), probabilmente avrà prestazioni lievemente superiori se usato a 2500, in quanto non lavorerà al massimo delle sue possibilità, ma non è il caso di comperarlo solo per la sua risoluzione massima: sarà ben difficile doverla usare!
Molti scanner prevedono invece una risoluzione massima di 2700 DPI: è un po' di più di quella "teorica" che abbiamo calcolato (fornisce immagini da circa 9 Megapixel), ma sostanzialmente comparabile, e pertanto appropriata.
C'è anche il problema della dimensione del file in memoria (vedi il capitolo sui formati dei file). Un file da 8 Megapixel occupa 3*8 = 24 Megabyte di memoria, che diventano almeno il doppio considerando le funzioni di Undo del programma di grafica, e il triplo per elaborazioni più complesse: cominciano ad essere valori consistenti anche per un PC dotato di buona memoria. Un file da 21 Megapixel richiede la bellezza di almeno 126 Megabyte di memoria (compreso Undo) solo per sé: un valore assai ragguardevole.
Infine è anche da considerare la risoluzione fisica della pellicola: è infatti chiaro che se si acquisisse a risoluzione superiore a quella fisica della pellicola, si otterrebbe solo una scansione della "grana" della pellicola, e non di dettagli aggiuntivi.
Benché non sia del tutto corretto fare un paragone fra la risoluzione di un'immagine digitale e una qualche risoluzione equivalente della pellicola, è stato calcolato che, nel caso delle normali pellicole 35 mm, si può parlare di una risoluzione massima intorno ai 15 Megapixel.
Naturalmente, per arrivare a una risoluzione tanto elevata, giocano un ruolo fondamentale la bassa sensibilità della pellicola e soprattutto l'ottima resa ottica dell'obiettivo. Sono queste le condizioni che, ancora oggi, determinano un vantaggio a favore della diapositiva, rispetto alla fotografia digitale, soprattutto quando sono richieste nitidezze eccezionali (ad esempio ingrandimenti a doppia pagina su libri d'arte). Tuttavia nei casi più comuni in cui potranno imbattersi i lettori, la risoluzione di 8-9 Megapixel può essere considerata molto vicina a quella fisica delle proprie foto su pellicola.
--------------------------------------------------------------------------------
Altri casi: scansione da stampa
Se l'originale è una stampa, la formula precedente resta valida:
risoluzione di scansione (DPI) = (lato della stampa finale / lato dell'originale) × 300
In questo caso però, l'ingrandimento sarà mediamente più modesto. In particolare l'ingrandimento vale ovviamente 1, se voglio stampare nello stesso formato dell'originale.
Di conseguenza uno scanner piano da 300 o al più 600 DPI è indicato nella maggior parte delle situazioni, anche perché ingrandire fortemente una stampa, salvo che l'originale non abbia una nitidezza eccezionale, porta a un rapido decadimento della qualità (per questo motivo, qui sopra, consigliavo di partire dal negativo, ovunque possibile, e non dalla stampa). Un ingrandimento massimo ragionevole è pari a 2, da cui appunto la necessità di scanner al massimo da 600 DPI.
Il vantaggio di scanner piani più potenti, per esempio da 1200 o 2400 DPI non sta dunque nel dover utilizzare la massima scansione, salvo casi molto particolari, quali ad esempio la scansione di francobolli o altre stampe molto minute e/o di nitidezza molto elevata (come le... banconote!). Tuttavia scanner con risoluzione massima superiore dovrebbero dare in media risultati migliori anche se usati a risoluzioni relativamente basse, perché avranno un'ottica comunque più curata.
Inoltre essi possono essere utilizzati anche per l'acquisizione di negativi e diapositive, mediante gli appositi adattatori, come sempre più di frequente succede (anche se è mia opinione che sia sempre meglio usare scanner specifici per negativi e diapositive).
--------------------------------------------------------------------------------
Altri casi: scansione per lo schermo
Se la scansione è destinata ad essere vista solo a schermo (per esempio perché andrà su un sito web), basta la prima delle formule citate sopra, dato che, più che di risoluzione di stampa, viene comodo parlare direttamente di lato in pixel. Infatti il numero di pixel di uno schermo è una grandezza di immediato significato fisico. Si ha dunque:
risoluzione (DPI) = lato in pixel desiderato / lato in mm dell'originale × 25,4
Uno schermo ha un lato che va da 640 pixel (risoluzione base VGA) fino a circa 1280 pixel (risoluzione dei moderni schermi LCD). Siccome non tutti hanno schermi ad alta risoluzione e, di solito, occorre lasciare un po' di spazio per le cose che stanno intorno all'immagine (bordi, didascalie, pulsanti, ...), si considera che un'immagine per lo schermo debba avere un lato di 800 o al massimo 1024 pixel.
Di conseguenza la risoluzione da negativo è di 800/36*25,4 = 560 DPI.
La risoluzione da un originale stampato, per esempio una cartolina 10*15 è di 800/150*25,4 = 135 DPI.
Si tratta quindi di valori decisamente bassi, alla portata di qualunque scanner.
--------------------------------------------------------------------------------
Altri casi: scansione come copia di back-up della pellicola
Ottenere una buona scansione è un lavoro di un certo impegno. Anche quando si eseguono scansioni destinate al web, bisogna cercare di essere lungimiranti. Se scegliamo la risoluzione solo per lo schermo, teniamo presente che poi l'immagine risultante non potrà essere stampata, se non in formato molto piccolo (800 pixel = 6,5 cm a 300 DPI).
Se non si è assolutamente certi che non sarà mai necessario stampare l'immagine, conviene senz'altro fare la scansione a una risoluzione superiore: ad esempio almeno 1300 DPI, se da negativo o diapositiva, che corrispondono a un formato cartolina 10*15 a 300 DPI.
Se poi consideriamo la scansione anche come un'utile e prudente copia di back-up dei nostri originali su pellicola, la risoluzione consigliabile è proprio intorno a quei 2500 DPI di cui si diceva sopra, che sfruttano al meglio la pellicola di partenza. Di più non servirebbe (di nuovo: salvo specifici casi di elevatissima qualità dell'originale); di meno, perderebbe delle informazioni dell'originale, cosa ovviamente non auspicabile per una vera copia di back-up.
--------------------------------------------------------------------------------
Un nuovo problema: come archiviare le copie di backup
Cito qui in margine un problema in realtà tutt'altro che marginale. Si è sempre detto che un disco rigido non è un buon posto dove archiviare un backup, per il semplice fatto che può rompersi. I CD-ROM scrivibili (CD-R) sembravano la soluzione migliore.
Ma siamo proprio sicuri che un CD-R sia "per sempre"? Purtroppo sembra proprio di no.
Mentre i CD "stampati" (quelli musicali o quelli con i software originali) sono molto robusti e longevi, sembra che non si possa dire altrettanto dei CD-R (e men che meno dei CD-RW o riscrivibili). Questo è dovuto alla potenziale instabilità del composto chimico che utilizzano (quello che dà la sfumatura azzurro-verdognola). Si tratta precisamente del "Dye polymer", uno strato contenente il colorante attivato dalla luce laser del masterizzatore e realizzato con cyanine, phtalocyanine o azo.
Le informazioni trovate su Internet, cercando ad esempio CD-R durability, sono frammiste, ma non confortanti. Non è un problema da poco, soprattutto per chi è passato completamente alla fotografia digitale. Se infatti una diapositiva scolorita si può spesso recuperare al computer, un file illeggibile è illeggibile punto e basta! Tutto sommato, questo potrebbe diventare uno dei punti più a favore della pellicola.
--------------------------------------------------------------------------------
Ma la risoluzione "fisica" dello scanner gioca qualche ruolo?
Non bisogna dimenticare che lo scanner non è (solo) un prodotto software, a cui si può chiedere tutto quello che si vuole, ma è anche (soprattutto) fatto di hardware, ed è quindi soggetto a vincoli fisici. Ad esempio il mio Canon FS 2710 ottiene i risultati migliori, quando lavora a risoluzioni "alte", se imposto risoluzioni sottomultiple di quella fisica dello scanner. Se infatti uso 2720 o 1360 DPI, questo corrisponde a salvare su file un pixel che è formato esattamente da uno oppure due pixel fisici del sensore. Questa è una situazione che lo scanner sa gestire bene. Se invece usassi una risoluzione di 2000 DPI, un pixel su file sarebbe prodotto da un pixel e mezzo del sensore. Questo caso è più problematico e viene evidentemente gestito meno bene dal mio scanner, dando luogo a effetti di disomogeneità – una specie di effetto Moiré – soprattutto nelle linee rette oblique (i fili della linea aerea!) che sono sempre tra le cose più difficili da gestire.
In sostanza evito le risoluzioni intermedie tra quella fisica e la sua metà, e se mi serve una risoluzione diversa, ridimensiono l'immagine a posteriori ("Resample" in Paint Shop o Resize con funzione "bicubic" in Photoshop).
Il difetto scompare a risoluzioni basse, perché a questo punto ogni pixel in uscita è comunque formato da molti pixel fisici.
--------------------------------------------------------------------------------
E se la mia stampante ha una risoluzione di 1440 DPI?
Domanda classica: ma se la mia stampante ha una risoluzione superiore a 300 DPI, per esempio 720, 1440 o ancora di più, dovrò ben darle immagini a quella risoluzione, se voglio ottenere il massimo dei risultati!
Assolutamente no! La risoluzione della stampante a getto d'inchiostro, così come dichiarata dal costruttore, non va confusa con la vera risoluzione di stampa. Infatti la risoluzione dichiarata si riferisce alle singole goccioline dei colori primari (ciano, magenta, giallo, nero) più eventuali colori aggiuntivi (ciano chiaro, magenta chiaro, rosso, blu, ecc.). Mentre nella stampa tipografica per ottenere le sfumature di colore, i punti colorati che compongono il retino assumono dimensioni differenti, nella stampa a getto i punti sono tutti della stessa (piccolissima) dimensione, ma le singole goccioline vengono raggruppate in "pattern", cioè in reticoli di più goccioline. Se infatti immagino un semplice reticolo 2*2, per ogni colore primario potrò ottenere quattro intensità, pari a 1, 2, 3 o 4 goccioline lasciate cadere nel reticolo. Ma in questo modo ho dimezzato la risoluzione finale, perché comunque mi occorrono due file di goccioline per ogni fila di pixel di partenza. Se il reticolo è 4*4, avrò sedici sfumature, ma un quarto di risoluzione finale.
Per inciso, gli inchiostri con i colori aggiuntivi, tipici delle stampanti "fotografiche", servono proprio per fare un reticolo con meno goccioline, e quindi avere comunque un'elevata risoluzione. Per avere 16 sfumature di magenta posso infatti fare un reticolo 4*4 con il solo magenta, oppure (all'incirca) un reticolo 2*2 di magenta, sovrapposto a un altro analogo di magenta chiaro, cioè in pratica di rosa.
Quindi, in conclusione, una stampante che vanta più di 300 DPI stamperà meglio le sfumature di colore, ma funzionerà comunque in modo ottimale se continuo a farle stampare file con risoluzione fisica di 300 DPI (o, come detto prima, anche meno, per forti ingrandimenti).
--------------------------------------------------------------------------------
Un'ultima domanda: perché proprio 300 DPI?
La risoluzione della stampa tipografica si misura in righe al centimetro (le righe sono quelle del "retino" di stampa), ed è di norma pari a 60 oppure 72 righe, che corrispondono rispettivamente a circa 152 oppure 173 DPI. Da dove escono dunque i 300 DPI di cui abbiamo parlato finora? Escono dal fatto che in mezzo c'è comunque una trasformazione - dall'immagine in pixel al retino tipografico - e si è visto sperimentalmente che la migliore resa si ha se la risoluzione in pixel è circa da una volta e mezzo a due volte superiore a quella del retino. E 300 DPI è proprio 1,74 volte le 72 righe al centimetro. Quindi è una cifra tonda (nell'unità di misura inglese) che soddisfa questa condizione.
Solo in particolari libri d'arte si arriva a 120 righe al centimetro, che effettivamente richiederebbero più di 300 DPI in pixel (e quindi scanner a risoluzione superiore), ma non sono certo ambiti alla portata di tutti.
Spero possano risultare utili.