
Il branco è numeroso, ci sono parecchie femmine anche con cuccioli, qualche giovane maschio ed un enorme maschio dominante che si è messo in cima ad una piccola altura lungo il versante idrografico sinistro della valle per tenere tutti sotto controllo mentre gli altri pascolano tranquillamente nel bush. Mi rendo conto delle condizioni non ideali di luce. Decido di dedicarmi inizialmente al grande maschio che ha un palco spettacolare.

Sto a debita distanza, ma marcandolo non mi accorgo che mi sono venuto a trovare esattamente fra lui e un piccolo gruppo di femmine con piccoli. Un errore gravissimo. Ora sono visto come una minaccia e il cervo è molto pericoloso. Qui allo Yellowstone sono grossi quasi come cavalli e sono gli animali che provocano il maggior numero di incidenti e feriti. Accadimenti che sono generalmente causa dall’uomo per la mancanza di prudenza nell’approccio. Mi rendo conto dell’errore fatto semplicemente perché il grande maschio, usando le corna come aratro, comincia a sollevare un gran polverone, mi bramisce contro e subito dopo comincia a caricarmi. Me la dò a gambe per qualche decina di metri, poi si ferma, io mi giro e i nostri sguardi si incrociano per un istante proprio mentre il gruppo di femmine con i piccoli comincia a correre per raggiungerlo. Sono ormai in posizione sicura e posso permettermi altri scatti. Dopo essersi riuniti, con calma scendono il crinale verso una valletta secondaria.
“Esperienza interessante” per dirla alla Spock di Star trek. Riguardando le foto confermo la mia convinzione che se non sei vicino al soggetto, non c’è ottica che tenga; se non sei vicino, difficilmente sarai soddisfatto dello scatto che hai fatto ma . . . quanto corre il cervo! I miei compagni mi prenderanno in giro per la gran corsa che ho fatto!



Il resto della giornata trascorre alla ricerca inutile del grizzly e alla visita di alcuni punti panoramici dai quali si possono osservare le grandi cascate e i profondi canyon scavati dallo Yellowstone River.




Nel nostro girovagare attraversiamo ampie zone interessate dal grande incendio del 1985 che ha devastato quasi la metà del territorio del parco e i cui segni sono ancora evidenti.




Non appena ci fermiamo siamo circondati da corvi, pika e chipmunt.



Anche il tramonto non è granchè (forse sto abituandomi troppo bene). Sto quasi abbandonando la speranza di rivedere l’orso. Se non lo abbiamo trovato in tre giorni di Lamar Valley, è difficile che la fortuna ci assista ancora come ha fatto al Gran Teton National Park. Ma devo imparare a non lamentarmi: ho già ricevuto tantissimo dalla natura e posso considerarmi più che fortunato.

Domani sarà l'ultimo giorno nella Lamar Valley e ci trasferiremo verso West Yellowstone, sento già la malinconia del rientro . . . .