http://www.nikonclub.it/forum/index.php?sh...p;#entry2382613
è stato esaminato un problema su immagini brutte come qualità, ed una delle ipotesi, sollevata da un utente, è che la diffrazione derivante da una chiusura di diaframma a F 20 “massacri” le immagini.
Non sono intervenuto in quella discussione dato che il tema della diffrazione, a parer mio, merita un approfondimento separato, poichè nelle foto di paesaggio si ha spesso a che fare con diaframmi anche ben chiusi, alla ricerca di PdC, e conoscere un po’ di più l’argomento e come combattere questo nemico, può aiutare sicuramente degli utenti.
Si potrebbero fare un mucchio di conti teorici, sull’ottica che opera in condizioni di diffrazione, etc, la risoluzione che decade e quanto, etc. in funzione del sensore e dell’ottica, etc, Internet è piena di tutto, compreso di questi conti, più o meno sbagliati che siano, ma ritengo che una soluzione operativa molto più seria e soprattutto alla portata di tutti sia quella di fare delle prove, alla fine bisogna vedere il comportamento in pratica della tua attrezzatura, ed io sono un tipo pratico e faccio molti paesaggi.
Quello che vorrei far presente è che oggi il digitale risolve, ed in modo molto elegante, parecchie problematiche che in pellicola erano delle vere disgrazie, e molti, a parer mio, si portano dietro il retaggio della pellicola nell’uso quotidiano del digitale e si pongono dei limiti operativi che invece nel digitale sono molto meno restrittivi: la diffrazione, con 12 mpx, è uno di questi falsi problemi.
La questione è: se prendo una D 700 con un 24-70 e chiudo a f 14 o f20, la qualità dell’immagine decade molto rispetto ad f 8, diaframma tra quelli ottimali?
In pellicola sì, decadeva e molto, mentre in digitale FX a 12 mpx, assolutamente no, praticamente nulla: la diffrazione su quel complesso camera + ottica, a f 14 è praticamente inesistente mentre a f 20 è del tutto trascurabile, non assume valori tali da far decadere la qualità dell’immagine in modo visibile anche ad occhio esperto, se trattata opportunamente, rispetto a f 8.
Di sotto, 3 scatti fatti alle ore 13 circa di oggi, dalla finestra, con D 700 + 24-70, in una giornata, ahimè, con pioggia battente ed illuminazione diffusa, che contribuiscono ad abbattere i valori del micro contrasto e della risoluzione ed oltretutto, nelle immagini sono presenti rametti, foglioline etc, ossia frequenze spaziali molto elevate, dunque queste foto postate qui sono, otticamente, in condizioni molto critiche, molto impegnative, quando sottoposte a diffrazione, che tende a spappolare i dettagli più fini.
Gli scatti sono stati effettuati ad f 8, f 14 ed f 20, alla focale di 24 mm del 24-70, ed anche questa è la focale otticamente più critica per quell’ottica, dunque, anche qui siamo nella condizione peggiore.
Sono dei NEF convertiti con View NX, senza toccarli.
F 20
F 14
F 8
Già sul RAW dei 12 Mpx, il NEF per Nikon, la differenza di diffrazione tra f 8 ed f 14 è praticamente invisibile anche al 100%, mentre a f 20 c‘è un leggerissimo decadimento, visibile solo al 100%, ma assolutamente nulla che non possa essere recuperato con un capture sharpening normalissimo, di routine, in fase di conversione del NEF in file immagine, a conferma che f 20 è un diaframma usabilissimo in fotografia con quell’attrezzatura, con risultati ottimi.
Quelli sopra sono i RAW, dove perfino f 20 non crea problemi di sorta, ma io voglio stampare: vediamo adesso in stampa se f 20 crea problemi, alla fine quello che mi interessa è la foto finita, non il RAW.
Innanzitutto: come lo converto un RAW ? Io, come migliaia di altri, uso il normalissimo plug in di Photoshop, ACR.
ACR va bene anche se c’è un po’ di perdita d’informazione da diffrazione?
Uno dei metodi migliori per recuperare le perdite da diffrazione è l’iterazione ricostruttiva di Richardson – Lucy, e dunque potrei utilizzare un programma specializzato che usa quell’interazione.
Ma i programmi specialistici di quel tipo costano: senza andare a infangarsi in costosi programmi specialistici d’iterazione, il normalissimo Adobe Camera RAW (ACR), nel suo comando dettagli, per il recupero di acutanza di scatto, il capture sharpening, utilizza, in certe condizioni, proprio l’iterazione di Richardson –Lucy, dunque abbiamo a disposizione,(Jeff Shewe, grazie!) un potente mezzo per recuperare la perdite da diffrazione nel normalissimo nostro convertitore di RAW quotidiano, ACR, dunque ho usato quello in conversione del RAW in file immagine, non ho usato nessun programma specialistico.
Di sotto gli stessi RAW, convertiti Tiff a 16 bits, tramite ACR 6.3 e poi sottoposti ad un’unica maschera di contrasto in CS5, dato lo sharpening di stampa per InkJet, Glossy paper e 360 PPI, metodo di Schewe, dunque pronti ad una stampa A3 o A2, per simulare appunto una stampa, e poi riconvertiti in Jpeg per postarli.

F 20

F 14

F 8
Su D 700, tra gli scatti a f8, f14 ed f 20, il risultato su stampa di quel formato è indistinguibile l’uno dall’altro per la presenza o meno della diffrazione, la diffrazione a quei livelli non rappresenta alcun problema di sorta, l'immagine è sempre e comunque ottima, in linea con le migliaia di paesaggisti che chiudono a quei valori il diaframma in cerca di PdC.
In allegato, per chi si vuol divertire, anche i files NEF originali, zippati, per il fotoritocco, altrimenti uno può benissimo fare prove per conto suo a f 8, f 14 ed f 20.
Saluti cordiali