Mi siedo un attimo a pensare. Mi siedo per gustarmi un caffè.

Mi siedo e leggo, e scrivo, e mangio, e riposo, e aspetto, e sogno, e ammiro, e ascolto.
La sedia come momento di sosta, di pausa. La sedia riflessione.
La sedia come momento di speranza, raccoglimento. La sedia preghiera.
La sedia come compagna di chi non può farne senza.
La sedia bella che arreda, la sedia abbandonata, la sedia che parla.
La sedia complice di mille pensieri folli.
La sedia per meditare, per comporre, per fermarsi.



Sempre il mio sguardo si sofferma sulle sedie. Quelle abbandonate, rotte, buttate;
dove un carico di storia, di vita le schiaccia ma ancora le trattiene, qui.
Raccontano la vita della gente, raccontano la gente.
Sedie di mille forme, materiali e colori, sempre sedie.


Qualcuno seduto sopra ha scritto poesie, ha disegnato, ha composto canzoni, ha ideato,
ha sognato, ha viaggiato, ha sofferto, ha accompagnato, ha pianto, ha riso.
Sedie di aeroplani per volare via, sedie di teatri, sedie di ospedali.
Sedie a scuola, al lavoro, a casa, in chiesa.
Sedie sempre e ovunque.

Le nostre discussioni, vecchi discorsi.
Le nostre confidenze, le sedie che hanno ascoltato, che sanno, che tacciono.
Le sedie sole, le sedie vuote, le sedie testimoni, le sedie discrete.
L'attesa di una partenza, di un giudizio, di un verdetto.

Come un orologio le seggiole segnano il tempo, nel loro silenzioso ticchettare.
Le sedie.