La base di partenza è Phoenix (Arizona), la città più importante dello Stato adagiata nel deserto di Sonora. Partiamo in direzione nord verso il Grand Canyon. A poche ore da Phoenix ci troviamo completamente immersi nel deserto; l’autoradio che ci ha accompagnato finora ha smesso di trasmettere musica: la città è ormai lontana. Siamo immersi nel silenzio! La tipica vegetazione è costituita dai Cactus Saguaro e Ocotillo. La prima tappa è Sedona, una località famosa per le rocce di arenaria rossastra: il panorama ricorda i film western e questo è solo un primo assaggio di quanto vedremo nel corso del viaggio.

Il tempo di qualche foto e poi via , ancora direzione nord verso Flagstaff. La regione che attraversiamo è abitata dalla nazione indiana dei Navajo. Ancora poche ore di viaggio e finalmente arriviamo al Gran Canyon. Lo spettacolo è emozionante anche se il tempo non è fantastico: fa freddo e a tratti cade la pioggia, molto diverso dai 45° gradi centigradi che abbiamo lasciato a Phoenix! Questo però non ci scoraggia e riusciamo a fare qualche foto.

Questa è una zona ricca di animali selvatici e non è raro imbattersi nei procioni (ring tailed cat) che sperano sempre in qualche turista generoso. Qui ne abbiamo fotografato uno che si arrampicava sui muri sconnessi di una casa.

Si riparte, ancora direzione nord, verso la frontiera con lo Utah. Attraversiamo il lago Powel (formato da uno sbarramento artificiale sul fiume Colorado, lo stesso che ha scavato il Grand Canyon) ed entriamo in Utah. Una sosta al Parco di Zion e poi ancora in marcia direzione nord-est. La prossima destinazione è Bryce Canyon. Lo spettacolo è ancora una volta maestoso: migliaia di guglie di roccia rossa disposte all’interno di un canyon. Le guglie di roccia cambiano colore durante la giornata a secondo della luce del cielo.

La leggenda indiana vuole che queste guglie siano in realtà i corpi pietrificati di un’antica tribù che si era comportata in maniera sacrilega. Nelle prime ore del mattino il silenzio è totale, rotto solo dal rumore del vento e dai nostri passi sul terreno arido.
È possibile scendere alla base delle guglie: i colori sono dominati dal rosso dell’arenaria e dal verde intenso dei pini che sono nati ai piedi delle guglie.

Lasciato Bryce Canyon si piega verso est in direzione della frontiera con il Colorado. Si entra nella zona delle Canyonlands scavate dal Green River, un affluente del Colorado. La formazione più spettacolare è quella delle “Goose Neck”, anse a forma di collo d’oca scavate dal fiume.

Proseguendo verso est arriviamo in un parco “icona” per lo Utah: Arches. In questo luogo si celebrano le formazioni ad arco della roccia arenaria scavata dal vento nel corso di milioni di anni. La formazione più famosa è il “Delicate Arch” che è anche utilizzato come simbolo dello stato dello Utah.

Proseguendo verso est lasciamo lo Utah ed entriamo finalmente in Colorado. La meta è Mesa Verde, un sito abitativo degli antichi “native americans” conosciuti con il nome di Anasazi. In questo Pueblo ci sono tracce di insediamenti umani fino al 1300, poi improvvisamente questo popolo sparì.

È ora di rientrare alla base: direzione ovest riprendiamo la strada che porta in Arizona attraverso la Monument Valley. La strada è entusiasmante: un nastro d’asfalto che corre solitario nel deserto. Per scattare questa foto sono sceso dall’auto ed è emozionante “sentire” l’assoluto silenzio che ci circonda …

All’interno della valley c’è una strada (rigorosamente sterrata) che permette di vedere da vicino queste stranissime costruzioni della natura ed i luoghi in cui sono stati ambientati i più famosi film dell’epopea western.

Lasciamo la Monument Valley dirigendoci verso Phoenix. L’ultima tappa è la foresta pietrificata e Canyon de Chelly. La foresta pietrificata è una zona lunare con dune di sandstone che mostrano strati colorati a seconda delle diverse ere geologiche.

Il panorama delle dune è interrotto da grossi tronchi di alberi che in epoca preistorica sono caduti e sono finiti sotto il livello dei laghi che coprivano questa regione. L’enorme pressione li ha trasformati in pietre.

Ancora pochi chilometri e raggiungiamo Phoenix dopo quasi 15 giorni di “vagabondaggio” nel sud-ovest. Mentre intravediamo da lontano le torri dell’Arizona Center ripensiamo ancora agli spettacoli naturali che abbiamo avuto la fortuna di vedere e fotografare. Difficilmente “sentiremo” ancora quel silenzio adesso che rientriamo nella società civile!
Raffaele