Non so se la storia di queste foto comincia 21 giorni o 21 anni fa.
Da tre settimane la mia nuova sede di lavoro è all'isola B1 del Centro Direzionale di Napoli.
Un cambio epocale per uno che, nonostante sia molto curioso, non è mai stato particolarmente avventuroso e che si adatta abbastanza bene nelle situazioni.
Per ventuno inverni la mia vecchia sede era stata un centro elaborazione dati situato ai limiti tra Agnano e Pozzuoli.
Negli ultimi anni, poi, si stava in un costante bilico tra voci e smentite di chiusura del sito e di trasferimento, tant'è che ormai non ci pensavo neanche più. Pensavo, però, di scattare qualche foto ricordo di quella che sarebbe dovuta diventare la mia ex sede e soprattuto di un pino che mi ha fatto compagnia per 4 lustri.
Ebbene, la chiusura è arrivata, ed il pino non l'ho fotografato, così come non ho fotografato un solo angolo del mio vecchio posto di lavoro.
Forse dopo tanti anni, questa "novità" è arrivata quasi come una liberazione.
Niente nostalgia.
Solo il gusto del cambiamento, che, per scelta, probabilmente, non avrei fatto.
E allora, con questo gusto del nuovo ed immaginando le possibili "bellezze" di un angolo di cemento e vetro, del tutto fuori posto in questa mia città, l’altro sabato, "abbandonato" da moglie e figli, ho chiesto ad una mia amica se voleva venire a farsi due foto al CDN, perché lo trovo un posto adatto a ritratti di un certo stile.
Ovviamente, manco avessi chiesto di andare a girare un filmino pornografico, la mia amica non se l'è sentita.
Che fare, farsi spegnere l'eccitazione?
Mai!!! Avrei fatto da me.
(Oh, a scanso di equivoci, volevo dire che oltre alla D50 ci saremmo stati solo io ed il CDN, in quel pomeriggio di foto)
Il viaggio.
Entrato provenendo dalla Stazione scopro subito che una focale 12mm può non bastare a rendere la scena della torre di cemento che ti sovrasta. Devi sparare verso l'alto, accettando le fughe prospettiche più spericolate.

Felice di trovare quello che speravo, mi imbatto nel tenore caldo dei toni del quasi tramoto di una bella giornata invernale che illumina il cemento dei palazzi inframezzato con il blu intenso del cielo e dei suoi riflessi nelle torri di vetro che svettano tutt'intorno.



Giallo e blu, che vuoi di più dalla vita ...

E se aggiungiamo anche il legno e Leonardo?


Qualcosa del mondo esterno, dei suoi problemi, comunque, cerca di entrare in questo "presepe" urbanistico momentaneamente spopolato di pastori e facendolo lascia i suoi segni laconicamente simbolici.

E poi un po' dell'anima della città stempera il teorico mondo di piani puliti e spigoli taglienti con curve

e graffiti

Eppure, in questo posto impossibile, riesco a fare tre amicizie.
Due sono Sarath e la sua compagna. Ho grossi dubbi sulla natura della presenza di Sarath, da noi. Avrei pensato ad uno dei tanti collaboratori domestici emigrati dallo Sri Lanka in cerca di miglior sorte, ma poi ho sospettato che fosse una spece di agente dei servizi segreti ceylonesi. In meno di 120 secondi aveva già scoperto il mio nome, l'indirizzo email ed il mio numero di cellulare ...
Mi domando quale espressione, all'apparire di uno "armato", com'ero io, di una vistosa attrezzatura fotografica, avrei trovato sui volti di una coppietta locale, in quella situazione, al posto di un disarmante sorriso.

La terza amicizia non ha nome, ma ha altrettanta dolcezza ed il feeling è scattato immediatamente.

E’ come un sogno, non c’è un can… vabbe’ … non c’è un gatto, non una macchina, il silenzio “umano” è assoluto, c’è solo vento e ho davvero il dubbio di dove mi trovo, devo cercare una prova rassicurante della mia posizione sul pianeta e la trovo sbirciando fuori come dallo spiraglio di una porta.

Allora, con la prospettiva di trovarmi più o meno dalle mie parti mi riavvio a casa e, come spesso mi succede, camminando per questi viali, mi ritrovo a canticchiare “Sapessi com’è strano …”.
Chissà perché. Voi che dite? …
… potenza degli stereotipi?