posto il mio primo 'life', spero vi piaccia (forse un po' smielato...

Chiedo subito 'venia' per la qualita' delle foto (il sottotitolo la dice lunga..),
ma, composizione a parte,
anche perche' sono delle scansioni da dia fatte con uno scanner piano,il che e' tutto dire..., e poi 'resizate' a dimensioni da post.
Aspetto commenti (...al cuore, Ramòn...)

Ciao
S.
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Quel giorno non lo dimentichero' mai...
"Oggi andiamo a vedere le mante!"
E' cosi' che la nostra guida sub inizia il suo briefing mentre il Dhoni
naviga sull'Oceano Indiano, rotta per il punto di immersione - uno dei tanti
tra 'Manta point' o 'Shark point' che costellano le acque attorno ai vari
atolli maldiviani - con alle spalle l' isola di Meedhupparu, da cui siamo partiti da poco.
E io, che non ho mai visto una manta se non in qualche invidiata ripresa di
documentario, penso tra me e me: " Si, le mante, in questa stagione, ma dai,
raccontalo ad un altro..."
Il briefing finisce, ed inizia la solita vestizione, con la formazione dei gruppi.
Io appena prima di vestrirmi preparo la mia Nikonos III, montando il flash sulla staffa,
con i soliti gesti meccanici ma 'attenti' a proteggere la sporgente lente
a 'cupola' del grandangolare...
"Si, le mante...magari..." penso di nuovo mentre assemblo il tutto,
ed un lieve sorriso piega un angolo della mia bocca, e ci spero, in fondo all'anima,
il grandangolo e' li per quello, altrimenti avrei montato il tubo macro...
Finalmente e' arrivato il momento, dobbiamo buttarci, e questo istante
ogni volta che lo vivo, mi da' sempre la stessa emozione:
sei li, seduto al tuo posto assegnato,
mentre aspetti il tuo turno per gettarti oltre la murata
bardato da capo a piedi come un lagunare, costretto nella muta,
magari sballottato dal mare, con il peso della bombola sulle spalle,
respirando a bocca aperta perche' la maschera ti impedisce di respirare col naso,
a volte un vago senso di nausea causato dal moto ondoso,
le pinne gia' ai piedi, che ondeggiano ai movimenti della barca, pronto a saltare giu...
Spesso ti chiedi chi te lo faccia fare, ma ti rispondi semplicemente guardandoti dentro:
adrenalina e impazienza, voglia e timore, gioia e paura;
sembra di vivere un'avventura, un'operazione di
'lancio' a bassa quota di paracadutisti, tutti attrezzati come siamo,
via uno dopo l'altro, di sotto, passo del gigante e giu', nel blu...
Manca solo il 'sergente' che strilla "Via, via, via..."
Tocca a me, erogatore in bocca, mano destra in faccia, la sinistra a tenere le fruste,
sguardo in alto, passo lungo e giu'...
Sono in acqua, mi faccio passare la mia macchina, la aggancio al giubbetto equilibratore,
aspetto il mio buddy, mia moglie, ma qualcosa va storto, nel tuffo perde la zavorra,
e me ne accorgo solo dopo diversi tentativi di portarla giu' con me, con vani sforzi.
Lei e' costretta a risalire, ma abbiamo perso tempo, la corrente ci ha spostati un po',
dobbiamo farci 'trainare' dal Dhoni e ritrovare il 'canale'.
"Cominciamo bene", penso "se questa e' la prima, immaginiamo le prossime...",
mentre aggrappato alla cima lotto per non farmi strappare via la corda dalla mano,
con il braccio allungato in avanti, tirato come una rete a strascico...
Come Dio vuole siamo di nuovo sul punto, dopo un breve segno di OK,
iniziamo la discesa, la leggera corrente ci spinge.
Tra mille bolle che salgono, lascio il mondo 'di sopra' per quello 'di sotto',
un regno dove i suoni ovattati che senti sono il tuo respiro,
le bolle d'aria che escono dall'erogatore, il tuo cuore che batte,
il 'click' delle orecchie dopo ogni compensazione.
Volo, col corpo e la mente, in questo cielo d'acqua in cui il fondo e' la terra
che vedi dall'alto, sopra di me l'altro cielo, quello vero, la superficie,
la luce del sole che filtrando disegna sotto di me forme e colori.
Siamo tutti in fila, dietro alla guida, ed io per ultimo, stavolta senza buddy,
chiudo il gruppo. Meglio, ma non sempre, se chi ti precede 'smanaccia'
troppo e solleva sospensione, rovinandoti le foto...
Procediamo paralleli alla parete, alla mia destra, ricca di vita e colori.
Alla mia sinistra solo il blu, profondo blu, immenso, infinito.
Ritorno a guardare la parete, ne scandaglio ogni angolo,
alla ricerca di qualcosa che mi attiri, che valga un buon scatto, un colpo di flash.
L'esposizione e la messa a fuoco in manuale mi costringono a 'pensare' in anticipo,
a regolare prima cio' che vorresti fare dopo,
a giocare sull'iperfocale per non perdere il fuoco,
per non perdere la foto, per non perdere ogni prezioso fotogramma.
Qui forse una digitale aiuterebbe in queste sfide, gli automatismi di una automatica a volte
farebbero il tuo gioco, ma io, che sono un 'tradizionalista' incallito, e che ancora mi commuovo alla
proiezione di una buona dia, stringo ancora l'impugnatura della mia meccanica,
che mi accompagna sott'acqua ormai da anni, e continuo, pinneggiando e pensando...
E mi distraggo cosi', tra pensieri e sguardi meccanici alla parete,
alla macchina e al computer o al manometro.
Perche' quando sei la' sotto, solo ed in silenzio, la tua mente gira, osserva, pensa,
ed entri in una sorta di automatismo, e' come quando guidi: sai dove devi andare,
ma non pensi alla strada, al cambio, al freno, guidi e basta, mentre pensi ad altro.
Quando all'improvviso qualcosa in fondo alla mente mi dice di
girarmi a sinistra, verso il blu, verso l'inifinito.
Mi giro, ed il respiro si ferma: e' lei, vicinissima, a qualche metro,
che 'vola' verso di noi, verso la coda del gruppo, verso di me
con i suoi colpi d'ala lenti, armoniosi, quasi regali.
Ho solo il tempo di ammirarne il muso, poi, preso dall' agitazione,
armeggio sul diaframma e premo il comando dell'otturatore, sparo quasi a caso,
un lampo, un altro, senza neanche inquadrare, affidandomi all'istinto e sperando nel grandangolo,
in un panning improbabile mentre lei, impennandosi in una 'cabrata' verso l'alto
e mostrandomi la sua bianca pancia tagliata dalle branchie,
mi 'scavalca' e se ne va, verso la parete, verso l' alto...
Mi riprendo appena dal breve incontro, e mi rendo conto che il gruppo non si e' accorto di nulla,
non ha visto nulla, prosegue compatto, lungo la parete, tutti a guardare avanti.
Cerco di avvicinarmi alle loro pinne che vedo allontanarsi, di richiamare l'attenzione, ma
il tempo di due pinnate e capisco che e' tutto inutile:
mi giro di nuovo per cercarla, per vedere dove sia, ma non la vedo piu',
sparita, cosi' come era comparsa, nel blu da dove era venuta.
E per un attimo, mentre i miei occhi cercandola scrutano il blu,
resto li' a godermi questa gioia, ad assaporare l'adrenalina che scorre,
da solo, fermo e sospeso nell'infinito,
embrione alieno di un ventre liquido,
e sorrido, per quanto mi permetta il boccaglio,
ringraziando Madre Natura per il regalo che mi ha appena fatto.
Meedhupparu, Maldive, Oceano Indiano, Estate 2004.
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