Ma sono appena tornato da un viaggio di lavoro e stasera non ho particolari stimoli. Che fare? Leggere uno degli strani Stephen King di mia moglie? No grazie e non ho nemmeno lo stato d’animo giusto per letture più impegnative. Televisione? Dio me ne liberi.
Sul mobile di fronte c’è, tra le altre cianfrusaglie, una vecchia statuetta in maiolica appartenuta a mia nonna. Beh potrei fare qualche foto.
< Te la regalo perché per me è preziosa quanto te> mi ripeteva quando iniziava a rendersi conto che non sarebbe riuscita a portare ancora per molto il fardello dei sui anni.
Prendo in mano la statuetta e mi riporta ai suoi racconti. I racconti della sua gioventù che ripeteva, quasi immutabili, come solo i vecchi sanno fare.
La difficile decisione, presa da ragazzina, di staccarsi dalla cultura contadina che l’aveva generata e plasmata per vivere dentro alle forti passioni di inizio novecento, assieme a Mario.
Il suo bel Mario, poco più che un ragazzo, amato troppo poco prima di perderlo, da qualche parte, sui monti del trentino, per sorte dannata, proprio qualche giorno prima della fine della guerra.
Poi il fascino del fascismo della prima ora: orgoglio nazionale, esaltazione della bellezza e della gioventù, le avevano dato nuove motivazioni, nuovi riferimenti e con essi la forza di superare la disperazione.
Il suo animo era troppo pulito per cogliere i sintomi di tragedie imminenti. Lei era giovane e voleva viverla la sua gioventù, non le interessavano le ideologie,
Il mezzo per viverla se l’era poi inventato: una piccola sartoria messa su con amiche con cui condividere anche quella dolce complicità che lega le ragazze quando si confidano i loro progetti di vita.
Ed il suo progetto prende forma, la forma di Eugenio, bello e sincero.
Quel giorno, in chiesa, il suo vestito bianco e celeste non teme confronti, è il più bello di tutti perché se lo è cucito da sola, nella sua sartoria, copiandolo da una statuetta in maiolica.
Poi la guerra, la rabbia per essere stata ingannata, l’angoscia per un figlio lontano ed un’altro da crescere e da difendere le mostrano l’altra faccia della vita, quella dura, da combattere giorno per giorno.
Racconti di una storia come tante. Storie dei nostri nonni o bisnonni, una generazione che ci ha lasciati e che, per dirla come l’amico Enzo Biagi, è stata testimone del tempo. Di un tempo e di un secolo straordinari.
Nonna, ti ricordo come una donna dolce, ma concreta e sincera, non amavi le “smancerie” ma tra qualche giorno sarà il 2 novembre e ti porterò un fiore.
