Non è raro ritrovare sulle vecchie e sgangherate porte dei centri storici della Sardegna, scritte come quelle della foto che vi sottopongo. Così è stato anche qualche giorno fa, durante una fotoincursione in un vecchio centro storico ormai quasi disabitato.
Quel che è certo è che questa porta, intendo quella ritratta sotto, non ha visto una mano di vernice da quasi sessant'anni. Beh, è facile capirlo...
Ed ora la piccola storia, piccola per lo spazio a disposizione, che per non tediarvi dev 'essere per forza di cose limitato.
Forse non tutti in Italia sanno (persino nella stessa isola), che per migliaia di anni e sino ai primi anni Cinquanta, la Sardegna fu tristemente ostaggio di un flagello che appariva inestinguibile. Si trattava di una malattia molto seria, ancora oggi mortale in molte parti del mondo, portata da un microrganismo, un protozoo detto plasmodio. Inoculato dalla zanzara anofele, questo plasmodio portava alla malaria, che tutti i sardi ultrasessantenni ricordano ancora con sinistra commozione. Una malattia spesso cronica le cui febbri e intermittenti (da cui per es. il nome di "terzana") debilitavano e riducevano a mal partito i sardi che vivevano sulle aree costiere nei periodi più caldi dell'anno. I benestanti, nei periodi tra maggio e ottobre lasciavano l'isola per... luoghi più sicuri. Contadini e pastori subivano la malaria con storica rassegnazione.
Quando arrivò la malaria in Sardegna? Non si sa con certezza, si sa soltanto che durante l'occupazione romana essa già tormentava le genti della costa, dove abbondavano le aree paludose e malsane. I romani ce la misero tutta per scaricare la colpa sui precedenti dominatori, cartaginesi e fenici. E di fatto pare proprio che ai cartaginesi possa essere ascritta la colpa di aver portato il morbo nell'isola.
Comunque sia, la malaria mantenne il possesso dell'isola sino alla metà degli anni Quaranta, subito dopo la guerra. La Fondazione Rockefeller scelse la Sardegna per un esperimento di enorme portata: l'eradicazione della malaria e, soprattutto, l'eliminazione della zanzara anofele, in tutta l'isola. Un ambizioso progetto che purtroppo non riuscì del tutto.
La campagna antimalarica dell'ERLAAS (ente regionale per la lotta anti-anofelica in Sardegna) si svolse tra il 1946 e il 1950. In questo periodo decine di migliaia di operai e tecnici (32.000 nel 1948) vennero impiegati per irrorare 5.229 ettari di territorio (laghi, fiumi, corsi d'acqua grandi e piccoli, case, chiese, pozze, persone) con 4.712.400 litri di soluzione di DDT (Di-cloro di-fenil tri-cloroetano), per un totale di oltre 260 tonnellate di DDT puro, un sostanza che solo oggi sappiamo essere pericolosissima per i suoi effetti sulla salute anche a distanza di molti anni.
Comunque sia, la malaria fu estirpata, e nel 1952, dopo migliaia di anni, per la prima volta in Sardegna non ci fu neppure un caso di malaria (per avere un'idea, nel 1946 si verificarono oltre 75.000 casi di malaria, di cui 10.000 nuovi casi e oltre 65.000 recidive. Un inferno, per un'isola di poche centinaia di migliaia di anime).
Gli americani, tuttavia, non furono soddisfatti dei risultati ottenuti, costati allora oltre 7 miliardi (circa 250 milioni di euro di oggi). Il loro scopo infatti non era sconfiggere la malaria in se, ma eliminare definitivamente la zanzara anofele, cosa che, oggi si può dire, non riuscì, e la malaria è ancora presente in Sardegna, per quanto inoffensiva perchè priva del plasmodio responsabile della malattia.
La malaria è perciò un ricordo, per i vecchi sardi, e un monito, alla vigilanza ambientale, per le attuali e future generazioni.
E ciò che resta, oggi, sono soprattutto questi muti testimoni, queste scritte sulle porte che stavano ad indicare che quella casa, quegli ambienti, erano già stati irrorati di DDT...

Spero di non avervi annoiati troppo...
Dati
Fotocamera Nikon D70
obiettivo 18-70 alla L.F. di 18 mm
1/8 s
f/5,6
ISO 1000
NEF
exp. comp. +0,5 EV
Automatico priorità diaframmi (A)
messa a fuoco manuale
luce naturale
Cavalletto: no
elaborazione contrasto con Photoshop CS
data: marzo 2005, ore 18:06
- la scritta (si distingue DDT e 48...) nella realtà è appena distinguibile; ho dovuto lavorare con PS per riuscire a renderla più evidente. Di più non sono riuscito a fare.
ciao
Mauro