Altro che iperfocale, qui ti manca qualche nozione sulla messa a fuoco e sulla profondità di campo. Partiamo dal punto 3, se il soggetto principale è a centinaia di metri di distanza la MAF sarà su infinito quindi mettendo a fuoco su di esso, anche con un diaframma aperto, risulterà tutto nitido:
MAF sul primo piano
Obiettivo 80.0-200.0 mm f/2.8
Lunghezza focale 200 mm
Diaframma f 4.5
Tempo di posa 1/400 sec
La distanza iperfocale permette di calcolare la distanza minima a cui una lente permette di mettere a fuoco tutti gli elementi compresi nel campo visivo fino all’infinito, offrendo la massima profondità di campo possibile. Essa è quindi una misura che lavora in diretta correlazione con la profondità di campo, perché questa si estende da metà della distanza focale fino all’infinito. Questo dato va anche calcolato in stretto rapporto con il tipo di strumentazione che si ha a disposizione, ovvero tiro la focale dell’obiettivo e il diaframma impostato; le grandezze in questo caso sono inversamente proporzionate, perché a una focale più corta corrisponde una zona di nitidezza più ampia che tende all’infinito, in questo caso la distanza iperfocale che si avvicina consentendo una messa a fuoco ottimale con quasi tutte le aperture di diaframma.
Questa misura viene usata principalmente nella fotografia panoramica, dove la nitidezza deve riguardare quanti più elementi possibili fino all’orizzonte, ovvero poco prima dell’infinito: proprio per questo motivo si utilizza la distanza iperfocale, perché in questo modo si ottiene la massima nitidezza nella fotografia.
Per trovare la distanza iperfocale occorre eseguire un complicato calcolo matematico, che mette in rapporto la lunghezza focale con il diaframma e il cerchio di confusione: H=f(2)/NC, dove f sta per focale, N per il diaframma e c per il cerchio di confusione; pensare di dover fare un calcolo così complesso ogni volta che si decide di scattare una fotografia è impossibile, molti fotografi rinuncerebbero a trovare l’iperfocale, per questo motivo sono state elaborate delle tabelle con i risultati dei rapporti in modo tale che il fotografo possa farvi riferimento senza dover calcolare il tutto ogni volta; anche se sugli smartphone e sui tablet più comuni è possibile installare delle applicazioni che, una volta inseriti i parametri desiderati calcolano in automatico la distanza iperfocale adatta alla fotografia in questione, questo parametro lo si può trovare anche sfruttando i mezzi che vengono messi a disposizione dagli obiettivi, che vengono incontro ai fotografi con dei riferimenti inseriti sulle corolle: gli obiettivi a focale fissa, infatti, dispongono dei riferimenti metrici di messa a fuoco che consentono di calcolare con precisione e immediatezza la distanza focale adeguata.
Spesso si confonde con nitidezza e messa a fuoco: sfruttando la distanza iperfocale non è detto che tutti gli elementi nitidi siano messi perfettamente a fuoco, ma verranno percepiti come tali dal nostro occhio che non è una macchina perfetta e che quindi non riesce spesso a distinguere quando un oggetto è fuori fuoco percependolo come nitido; nei cosiddetti cerchi di confusione che vengono sfruttati per il calcolo della distanza focale, infatti, i punti non sono perfettamente definiti, ma sono più che altro delle macchie dai contorni indefiniti, a patto che questi siano abbastanza piccoli, che cioè non superino i 0.25 mm quando l’immagine viene stampata in dimensione 20×30 centimetri.
Il campo di nitidezza quindi, anche se costituito da cerchi di confusione al di sotto di quella misura standard che per definizione non sono a fuoco, verrà percepito nitido; è impossibile scattare una fotografia in cui tutti gli elementi, posti su piani diversi dell’inquadratura, siano perfettamente a fuoco, si può ambire al massimo alla nitidezza: quando si imposta lo scatto, la messa a fuoco va fatta necessariamente su un oggetto o su un punto o su più punti, ma non è ancora possibile farla su tutti gli elementi compresi nel campo visivo, motivo per cui tutti gli altri elementi non godranno della messa a fuoco perfetta.
Ed è quindi qui che entrano in gioco la lunghezza di campo e la distanza iperfocale, perché puntando il fuco su un oggetto posto sulla distanza iperfocale, tutti gli oggetti al di qua e al di la compresi nella lunghezza di campo saranno perfettamente nitidi all’occhio umano; solitamente la zona di nitidezza si estende un terzo al di qua, verso la fotocamera, e due terzi al di la del punto di messa e fuoco.
Facendo qualche esempio, se in macchina è stato montato un obiettivo da 75mm, le tabelle indicano che, con diaframma regolato su f/11 e impostando la messa fuoco a 4 metri di distanza dalla lente la lunghezza focale si estenderà da una distanza di 3metri dalla lente fino ai 6 metri; se invece di f/11, il diaframma si imposta su f/6, mantenendo sempre 4 metri come distanza focale, i valori cambieranno notevolmente, con la lunghezza di campo che in questo caso sarà compreso tra i 3,5 metri dalla lente e l’infinito.
Nel secondo caso, con la lunghezza di campo all’infinito, la distanza di messa a fuoco è chiamata distanza iperfocale ed è unica per ogni combinazione. Qualcuno potrebbe dire che lo stesso risultato si può ottenere anche lavorando con il solo diaframma, ma non è del tutto vero, perché se è vero, come è vero, che più si chiude il diaframma più si estende la lunghezza di campo, ma non arriverà mai ad ottenere un campo di nitidezza come quello che si può ottenere sfruttando la distanza iperfocale. C’è da dire che non è possibile utilizzare questa tecnica quando in macchina sono montati obiettivi superiori ai 75mm, che rappresenta la focale massima con cui si ottengono buoni risultati; la focale più indicata è l’obiettivo cosiddetto “cinquantino”.
In fine è importante ricordare che la distanza iperfocale si calcola sulla reale lunghezza focale, il che significa che se si ha una fotocamera full frame i valori riportati sul barilotto corrispondono ai valori reali, nel caso si utilizzi un sensore APS-C si deve moltiplicare il valore nominale dell’obbiettivo per il valore di crop del sensore.