Il tavolo a cui sono seduto dà sulla piazzetta centrale del complesso del Poble Espanyol sulla collina del Montjuïc.
Oggi Barcellona mi ha tradito è si è nascosta sotto una cappa grigia. Vento umido da sud-est.
La luce è pessima, poco invitante per i fotografi e la fotocamera se ne sta riposta nello zaino.
Cerco di concentrarmi sul piatto. L’aspetto ed il profumo sono invitanti ma non riescono a superare la soglia dei sensi.
La mia attenzione è altrove, giù nella piazza, tra quel gruppo di ragazzini in gita scolastica.
Corse, grida, giochi improvvisati. I gruppetti si formano, si disfano si riformano. I ragazzi snobbano le ragazze. Le ragazze si raccolgono a chiacchierare. Poi ancora corse, competizioni. Una bottiglia di plastica diventa un improbabile pallone da contendersi in una partitella senza regole. Anzi no le regole servono e le stabilisce il più grosso.
Sono le prove generali di quella socialità che ineluttabile li sta aspettando sulla via dell’adolescenza.
Quasi nulla è cambiato da quel cortile assolato della bassa padana, qualche decina di anni fa. Solo che allora non ci scambiavamo i messaggini, ma il panino alla cotoletta nello zaino è sempre lo stesso.
Ignoro le tapas, lasciandole al loro destino, mentre la mia attenzione resta calamitata da quella vitalità.
Come fare per catturarla, per renderla in immagini?
Già, come fare?
Irrompe il ricordo di quello splendido mosso della corrida di Ernst Haas. Le corna del toro che si stagliano in controluce dietro al capote steso da un torero piegato verso di esse. L’essenza del combattimento, della sfida e poi...il mosso come essenza del dinamismo.
Dilatare il tempo.
Ecco cosa occorre fare.
Non congelare un singolo istante nel supporto sensibile, ma lasciarli scorrere tra le tendine dell’otturatore. Affinché ciascuno lasci una propria impronta che, come in un mosaico, componga via via il movimento.
Prendo la D700 ormai rassegnata a trascorrere nello zaino il resto della giornata.
Ovviamente il cavalletto, rispettando la legge di Murphy del fotografo, non c’è mai quando serve. Quindi scelgo lo stelo di un lampione per appoggiarvi di lato la fotocamera e stabilizzarla per la ripresa di eventuali particolari del contesto della piazza che non devono risultare mossi.
Tempo?
Un decimo di secondo dovrebbe essere sufficiente. Poi vedremo se variarlo. La luce non è gran che ma anche così il diaframma risultante è troppo chiuso. Meglio aiutarsi con un filtro ND.
Ora non resta che attendere l’attimo. Anzi gli attimi.
E poi scattare.
Modifico i parametri di scatto.
Ad un decimo di secondo le figure sono riconoscibili, i colori delle magliette, i capelli, la postura nell’atto della corsa.
Aumentando via via il tempo, o inquadrando azioni più veloci, le figure perdono progressivamente la loro identità.
Di esse resta solo un’essenza.
L’essenza del movimento.
Le tapas si sono ormai irrimediabilmente raffreddate.

Attrezzatura:
D700
Nikon AF-S 28-70 f:2.8 D IF ED