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89stefano89
buon girono!

volevo porvi un dubbio che mi assale, l´altro giorno ho fato delle foto per un battesimo, le ho dovute croppare (si dice cosi´ ritagliare?) un po´ tutte.
ora, in passato mi era gia successo e avevo consegnato (ad amici mica lavori seri biggrin.gif ) delle immagini con formati bizzarri, talvolta 16:9 talvolta 4:3 a volta di dimensioni enormi altre di dimensioni piu´ ridotte, e mi son reso conto che non fai una bella figura quando aprendo le foto alcune sono al 25% altre al 100%, insomma voglio creare uno standard, dimensioni fisse, proporzioni fisse e risoluzione pure!

ora, a me piace molto il 16:9 ma quando si va a stampare ognuno stampa nel formato che vuole tagliandoti talvolta la foto senza nemmeno dirti perche´o per come!

quindi, per delle stampe che raramentissimamente arriveranno ad un formato A4, che formato mi consgliate? risoluzione e pixel effettivi?

grazie
maxbunny
Ciao, ti riporto quello che ho scritto ai un'altra discussione:

Qui si parla di risoluzione. Sappiamo tutti che in fotografia digitale è meglio scattare al massimo della risoluzione offerta dalla nostra fotocamera.Questo perchè più è grande il file e più dettagli sarà in grado di contenere; di conseguenza, maggiore sarà il fattore di ingrandimento per il quale la risultante fotografia può essere ingrandita in stampa.
Prendiamo ad esempio un'immagine che misura 3800X2500 pixel. Moltiplicando questi valori scopriamo che si tratta di un'immagime da 10 mega-pixel. Come una negativa fotografica, un file immagine può assumere diverse dimensioni secondo il fattore di ingrandimento. Questo a sua volta dipende dalla risoluzione del sistema finale di fruizione dell'immagine.
Il concetto di risoluzione si esprime in termini di punti per pollice (Dpi). I nostri 3800 pixel del lato lungo di cui parlavamo prima, vanno distribuiti per il lato lungo del supporto finale, supponiamo una stampa su carta.. Siccome una stampa di elevate qualità richiede almeno una risoluzione di 300 dpi, i 3800 pixel divisi 300 per ogni pollice (2,5 cm circa) darà 12 pollici, ovvero circa 30 cm. All'atto pratico, il nostro file di 10 megapixel darà una stampa perfetta di circa 20X30 cm. Scendendo un pò di risoluzione, diciamo a 200 dpi, si può ottenere una stampa di circa 30X50.

89stefano89
QUOTE(maxbunny @ Oct 12 2010, 11:34 AM) *
Ciao, ti riporto quello che ho scritto ai un'altra discussione:

Qui si parla di risoluzione. Sappiamo tutti che in fotografia digitale è meglio scattare al massimo della risoluzione offerta dalla nostra fotocamera.Questo perchè più è grande il file e più dettagli sarà in grado di contenere; di conseguenza, maggiore sarà il fattore di ingrandimento per il quale la risultante fotografia può essere ingrandita in stampa.
Prendiamo ad esempio un'immagine che misura 3800X2500 pixel. Moltiplicando questi valori scopriamo che si tratta di un'immagime da 10 mega-pixel. Come una negativa fotografica, un file immagine può assumere diverse dimensioni secondo il fattore di ingrandimento. Questo a sua volta dipende dalla risoluzione del sistema finale di fruizione dell'immagine.
Il concetto di risoluzione si esprime in termini di punti per pollice (Dpi). I nostri 3800 pixel del lato lungo di cui parlavamo prima, vanno distribuiti per il lato lungo del supporto finale, supponiamo una stampa su carta.. Siccome una stampa di elevate qualità richiede almeno una risoluzione di 300 dpi, i 3800 pixel divisi 300 per ogni pollice (2,5 cm circa) darà 12 pollici, ovvero circa 30 cm. All'atto pratico, il nostro file di 10 megapixel darà una stampa perfetta di circa 20X30 cm. Scendendo un pò di risoluzione, diciamo a 200 dpi, si può ottenere una stampa di circa 30X50.


ma veramente si riesce a stampare a 300dpi??? una volta per un rendering avevo fatto un immagine enorme ore e ore ad aspettare i salvataggi perche´ il file era di 6-700Mb, fatto sta che alla fine in tipografia, dove mi raccomandavano i 300dpi me la hanno stampata che la fotocopiatrice del mio ufficio con i suoi 70dpi era meglio...
maxbunny
QUOTE(89stefano89 @ Oct 12 2010, 11:43 AM) *
ma veramente si riesce a stampare a 300dpi??? una volta per un rendering avevo fatto un immagine enorme ore e ore ad aspettare i salvataggi perche´ il file era di 6-700Mb, fatto sta che alla fine in tipografia, dove mi raccomandavano i 300dpi me la hanno stampata che la fotocopiatrice del mio ufficio con i suoi 70dpi era meglio...



Penso che hai le idee un pò confuse sul termine di risoluzione, di seguito ti allego qualcosa che può aiutarti a capire:


La Risoluzione.

Se le parole utilizzate nell’editoria elettronica fossero degli attori, alla parola “risoluzione” andrebbe l’oscar della versatilità. Risoluzione d’ingresso, risoluzione di scansione, risoluzione ottica, risoluzione interpolata, risoluzione del monitor, risoluzione dell’immagine, risoluzione di uscita: queste sono solo alcune delle forme nelle quali si può impiegare questo termine. Infatti la risoluzione riveste un’importanza fondamentale nei processi di scansione digitale e di uscita.

Per il momento l’interesse su questo termine riguarda soltanto il fatto che due tipologie di risoluzione influenzano la qualità delle scansioni:

la risoluzione d’ingresso (meglio conosciuta come risoluzione di scansione) e la risoluzione ottica. Successivamente verranno descritti altri significati del termine risoluzione, sempre legate comunque al mondo delle scansioni.


Risoluzione d’ingresso

Tutte le periferiche che eseguono operazioni di digitalizzazione, scanner, macchine fotografiche digitali, videocamere e stazioni per produzione di Photo CD, possiedono molte funzioni in comune:

si convertono informazioni analogiche in dati digitali, utilizzabili da un computer.
Generano immagini raster, che sono composte da una griglia di pixel, che possono essere bianchi e neri, in scala di grigi o colorati.

Si analizzano o campionano gli originali a intervalli regolari, controllando i valori dei colori o delle tonalità di grigio a ogni punto campionato.

Le immagini raster sono spesso chiamate immagini bitmap, ma esiste un’importante differenza tra le due tipologie. Il termine “immagine raster” comprende tutte le immagini basate su una griglia di pixel, indipendentemente dalle loro caratteristiche di colore. Le immagini bitmap contengono soltanto pixel bianchi o neri; il termine identifica quindi solo le immagini al tratto.

La risoluzione d’ingresso di uno scanner indica semplicemente la densità alla quale la periferica campiona le informazioni all’interno di un determinato spazio (generalmente espresso in pollici o centimetri) durante il processo di digitalizzazione.

Dato che la risoluzione d’ingresso è un fattore determinante per la qualità delle scansioni, si può essere portati a pensare che una maggiore risoluzione produca immagini digitali di mag
giore qualità: ciò tuttavia non corrisponde sempre al vero.

Ciò che risulta essenziale è il fatto di possedere la corretta quantità di informazioni digitali di un’immagine. Per determinare la giusta quantità, è necessario coordinare la risoluzione di scansione o d’ingresso con due variabili: le dimensioni dell’immagine originale e le dimensioni dell’immagine digitale in uscita. Per l’uscita in stampa è necessario conoscere anche la frequenza del retino d’uscita, espresso in lpi (linee per pollice) o linee per centimetro.

Pixel, punti o campioni?

Esiste un’enorme confusione sul corretto termine da usare quando si deve misurare la risoluzione d’ingresso di uno strumento che esegue scansioni. Questa confusione si presenta largamente in quanto un singolo termine spesso descrive più di una cosa nei campi dell’editoria elettronica e della multimedialità.

I termini più comuni che si incontrano sono i pixel per pollice (ppi, pixels per inch), campioni per pollice (spi, samples per inch) e punti per pollice (dpi, dot per inch).

PPI (pixel per pollice)

La parola “pixel” può descrivere diversi fenomeni: la densità d’informazioni che una periferica per scansioni può catturare per ogni pollice (risoluzione d’ingresso o di scansione), oppure la quantità totale di informazioni digitali contenute in un’immagine raster (risoluzione dell’immagine), oppure il numero di elementi visibili su un monitor in senso orizzontale e in quello verticale che possono essere visualizzati contemporaneamente (risoluzione del monitor).

È importante saper distinguere tra questi vari modi di espressione del termine pixel.
1e interfacce dei programmi per molti dispositivi per scansioni descrivono l’indice di campionamento in pixel per pollice. Molte macchine fotografiche digitali e videocamere offrono una risoluzione di scansione fissa, mentre gli scanner dispongono generalmente di un campo molto variabile di risoluzioni selezionabili dall’utente. Se l’indice di campionamento di uno scanner aumenta, si riduce proporzionalmente la dimensione dei pixel da esso prodotti.

Per comprendere il concetto, si immagini di voler inscatolare 50 sardine in una lattina concepita per sole 25 sardine di dimensioni normali. Le 50 sardine potranno essere inscatolate soltanto se le loro dimensioni saranno della metà rispetto alle dimensioni standard.
Il termine “pixel” può anche indicare la quantità totale di informazioni di un’immagine digitale contenute nelle sue dimensioni orizzontali e verticali (ad esempio 800 x 400 pixel). Questo utilizzo descrive la risoluzione dell’immagine più precisamente rispetto alla risoluzione di scansione . Infine molti utilizzano il termine pixel per descrivere la risoluzione dello schermo, il numero distinto di elementi visivi che un monitor può visualizzare, ad esempio 1024 x 768 pixel.

La dimensione dei pixel su un monitor di un computer è costante, a differenza di quelli acquisiti da uno strumento per scansioni. Tuttavia un monitor mostra tutti i pixel provenienti da qualsiasi immagine a una dimensione fissa. Questo spiega perché un’immagine acquisita a 300 dpi e visualizzata a soli 72 pixel per pollice su un monitor appare più grande sullo schermo che in stampa.

SPI (campioni per pollice)

I puristi hanno ragione quando sostengono che dovrebbe essere utilizzato il termine “campioni” (samples) e non “pixel” per descrivere ciò che lo strumento per scansioni analizza e riproduce. Tuttavia la definizione pixel per pollice (ppi) si è così radicata nell’industria delle scansioni che non è più possibile lasciare spazio a termini non più adottati dalla maggior parte degli utenti e delle industrie. Occorre soltanto avere chiare le differenze di significato del termine pixel quando si eseguono delle scansioni.

DPI (punti per pollice)

Molti giornalisti e alcune interfacce di programmi di scansioni utilizzano anche il termine punti per pollice (dpi, Dot per Inch) per definire la risoluzione di scansione o di ingresso.

Tecnicamente tuttavia il termine punti per pollice si riferisce alla risoluzione di uscita, ovvero la densità orizzontale dei punti che una fotounità e le stampanti laser PostScript generano durante il processo di stampa. È bene non fare confusione tra i due significati nel caso che si incontri l’acronimo “dpi” in un’interfaccia di uno scanner.

Risoluzione ottica contro risoluzione interpolata.

Uno dei fattori più importanti che si deve valutare quando si sceglie uno scanner o una macchine fotografica digitale dovrebbe essere la risoluzione massima alla quale può arrivare l’apparecchiatura presa in esame. I costruttori definiscono questo dato in due modi: come risoluzione ottica e risoluzione interpolata.

Risoluzione ottica.

La risoluzione ottica descrive la quantità di informazioni che il sistema ottico dello strumento può campionare. I fattori che definiscono la risoluzione ottica possono variare a seconda del tipo di periferica. Negli scanner a letto piano, quelli alimentati a foglio, in quelli manuali, in molti modelli per diapositive e in generale per trasparenze, la massima risoluzione ottica dipende da due fattori: il numero dei singoli sensori CCD disposti sulla linea di scansione e la larghezza massima degli originali che lo scanner può accettare. Ad esempio, un dispositivo CCD composto da 5.100 celle, montato in uno scanner che può accettare originali con larghezza massima di 8.5 pollici (circa 22 cm) produce una risoluzione ottica massima orizzontale di 600 pixel per pollice.

La distanza percorsa dal meccanismo in movimento dello scanner per produrre ogni linea di scansione determina la risoluzione verticale, che può essere talvolta più elevata di quella orizzontale. Le macchine fotografiche digitali, le videocamere e alcuni scanner per trasparenze normalmente utilizzano un dispositivo CCD di forma rettangolare (non un tipo lineare in movimento) che fissa il numero totale di pixel che è possibile catturare in entrambe le dimensioni. Negli scanner a tamburo, la massima risoluzione ottica è determinata dalla velocità di rotazione, la luminosità della sorgente luminosa, le caratteristiche del motore e le dimensioni delle aperture delle lenti.

I costruttori di scanner a letto piano spesso dichiarano una risoluzione ottica verticale di valore doppio rispetto a quella orizzontale, come ad esempio 600 x 1.200 ppi.

Il meccanismo di trasporto di questi scanner produce dei “mezzi passi”, spostandosi di mezzo pixel alla volta, col risultato di una sovrapposizione dei pixel generati. Per determinare i valori definitivi dei colori o dei toni di grigio lo scanner deve eseguire un calcolo matematico. La vera risoluzione ottica di questi scanner è data dal valore più basso (600 x 600 ppi, per l’esempio descritto sopra), che comunque produce i migliori risultati in termini di pulizia e di basso livello di disturbo dell’immagine.

Risoluzione interpolata.

La massima risoluzione interpolata di uno strumento per scansioni rappresenta la quantità apparente di informazioni che uno scanner può acquisire con l’aiuto di programmi o processori che si basano su algoritmi. Gli algoritmi di interpolazione non aggiungono nuovi dettagli alle immagini: essi eseguono semplicemente dei calcoli per generare dei pixel e li aggiungono tra quelli già esistenti. La risoluzione interpolata è spesso due o più volte maggiore rispetto a quella ottica.

Contrariamente a quanto affermato da diverse pubblicità, nelle quali vengono reclamizzate le varie risoluzioni massime, in realtà l’unica che conta realmente è la risoluzione ottica. L’interpolazione aggiunge delle “pseudo” informazioni che possono essere adeguate per pubblicazioni di basso livello e per dimensioni ridotte delle immagini, ma nulla può fare per grandi immagini a colori dove i dettagli complessi e la gamma dei colori sono fondamentali.

L’interpolazione tende anche a rendere più morbide le immagini, per cui è necessario contrastarle maggiormente. Se si eseguono frequentemente scansioni per la stampa è meglio spendere qualcosa in più ma acquistare uno scanner con una risoluzione ottica abbastanza elevata.
89stefano89
perdonami max ma se mi metto a leggere tutto qui in ufficio... posso cercare un altro lavoro biggrin.gif lo leggero´ volentieri a casa!
daltronde, io non capisco ancora in quale formato e´ preferibile stampare, o meglio quale e´ il "preferito" dai fotografi biggrin.gif
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