M'è capitato poco fa di conversare un po' con Francesco e Marco. Si parlava anche di cosa una foto può accendere nello spettatore o in chi la scatta.
Ebbene, le vostre foto m'hanno un po' emozionato. Mio padre è stato pallanuotista, e ha guiocato anche in serie A. I primi rudimenti del nuoto me li diede un suo compagno di squadra, nuotatore olimpionico. E io mi sfegatavo quando mio padre partiva per prendere la palla al fischio dell'arbitro.
Io stesso ho giocato abbastanza, sia pure a livello amatoriale. La pallanuoto per me, insomma, è casa, soprattutto quando sento l'accento catanese di Giusi Malato, il capitano del Setterosa (che è sostanzialmente siciliano). Sport duro, faticoso, avvincente. Bisogna essere abili nuotatori, fondisti e scattisti al contempo, di tempra robusta, abituati a non lamentarsi, e a fare vasche e vasche di bicicletta (cioè nuotare con i piedi tenendo le braccia fuori dall'acqua). Sport faticoso (provate la bicicletta, anche solo per qualche secondo...), e povero. Un tempo si giocava nei porti, con qualche galleggiante a far da limite, e due costumi da bagno, perché spesso le pedate che si ricevevano ne facevano saltare uno.
Quest'estate, a Siracusa, mi sentii a casa quando vidi tre ragazzi scendere in acqua con la palla e cominciare a giocare. Ormai vivo nella zona dei racchettoni, del 'beach-volley', ma per me il mare è scoglio aspro e onda battente, e la mano che si leva ad ammortizzare la palla gialla (un tempo di semplice cuoio...), la porta dietro la testa, pronta a scagliarla contro chi sfida la legge di gravità, a rimbalzare tra gli scogli neri.
La Posillipo è un pilastro storico della pallanuoto italiana, assieme alla Pro Recco, e il risultato non mi stupisce. Ma ho visto giocare anche il Chiavari quando abitavo in Liguria, altra terra aspra, di rocce e grande amore per il mare. E la pallanuoto.
Forse non c'entra con i commenti classici, ma insomma grazie per aver destato in me memorie remote e care.