Ciao Riccardo,
aggiungo un paio di note a quanto già detto da Enrico e Davide.
Non solo il processo di visione è un processo dinamico, ma a differenza di quanto si crede normalmente il nostro processo di visione è fortemente sbilanciato verso il centro del campo visivo: davanti a me ho un monitor da 24 pollici e sono distante circa 75 cm da esso, guardo il monitor e guardo dove sto scrivendo (in alto quasi al centro), nel mio campo visivo c'è tutto il monitor ed una discreta fetta di contorno, se accade qualcosa nella stanza ne ho percezione, cosi' come se si dovesse muovere qualcosa in basso nel monitor, ma per osservarlo correttamente e capire di che si tratta, sono obbligato a volgere lo sguardo in quella direzione, volgendo lo sguardo aggiusto automaticamente l'occhio per osservare correttamente il nuovo punto. In questo processo ovviamente andiamo anche ad adattare l'apertura della pupilla in modo da leggere correttamente il dettaglio in quel punto con la giusta luminosità.
In fotografia invece dobbiamo partire da un presupposto del tutto diverso.
Abbiamo davanti a noi una scena che presenta una gamma di luminosità diverse, per comodità diciamo di tenere per buoni i dieci stop di cui parlavi tu.
Poi abbiamo un supporto (il sensore) in grado di registrare dettaglio in una gamma di luminosità, diciamo anche in questo caso, di dieci stop.
Cio' che dobbiamo fare è far coincidere, grazie ad un'esposizione corretta, la gamma di luminosità della scena con la gamma di luminosità registrabile dal sensore, in questo modo avremo una prima base di partenza: abbiamo registrato la maggior quantità di dettaglio possibile ottimizzando la resa del sensore.
E' una base di partenza importante perché togliere dettaglio quando se ne ha molto è operazione sempre praticabile, non è invece fattibile il contrario, aggiungere dettaglio quando non lo abbiamo.
Naturalmente non è sempre cosi' facile, spesso la scena presenta una gamma di luminosità che eccede la capacità del sensore e quindi dovremo operare delle scelte sacrificando di volta in volta alte luci oppure ombre, bruciando le prime o chiudendo le seconde, in alcuni casi potremmo essere costretti a fare entrambe le cose.
Come ottenere il risultato di far coincidere la gamma di luminosità della scena con quella del sensore? Questa è una questione davvero complessa e non facilmente sintetizzabile, proviamo a mettere sul fuoco qualche elemento e vediamo dove arriviamo.
Tu dici che il Matrix è un sistema oggettivo di valutazione, in realtà il matrix è un sistema che "interpreta" e non "legge" la scena, cioè l'operazione che fa è quella di leggere i vari punti della scena, incrociarli con i dati della messa a fuoco, incrociarli con i dati del suo data base interno e quindi cercare di capire, interpretare appunto, cosa il fotografo è interessato ad esporre correttamente. Viceversa la lettura spot è una vera e propria lettura oggettiva, legge la luce riflessa da un punto della nostra scena e restituisce i valori di esposizione per fare si che quel punto di lettura risulti pari ad un grigio al 18%, se puntiamo un oggetto grigio al 18% avremo un'esposizione tecnicamente corretta; attenzione, quando parliamo di grigio al 18% parliamo di un grigio con un grado di brillantezza del 18%.
Perché si usa il grigio al 18%? E' importante saperlo, perché ci fa capire dove puntare il nostro esposimetro. Si usa il grigio al 18% (percentuale sulla quale in realtà ci sarebbe altro da dire ma che teniamo per buona per non complicarci troppo la vita) perché è il grigio che presenta una luminosità media, la nostra percezione della luminosità degli oggetti è logaritmica infatti, quindi le superfici che ci interesseranno per leggere l'esposizione saranno quelle che appunto presentano una luminosità media. Se usiamo come riferimento il sistema zonale semplificato ad undici zone ( 0 - I - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X, dove la zona 0 corrisponde al nero e la zona X al bianco, usato solitamente nel cinema ed ampiamente sufficiente per i nostri scopi), avremo che il grigio al 18% ricade esattamente al centro della scala, in zona V, mentre un soggetto con una brillantezza del 50% ricade addirittura in zona VIII.
La parte bella di questa semplificazione è che funziona: il mondo presenta mediamente una brillantezza del 18%, il verde di un prato, la pelle della mano, ma anche la maggior parte degli oggetti che ci circondano, a prescindere dal colore, presentano una brillantezza del 18%, certo si tratterà di fare un po' di esercizio ed imparare a valutare i soggetti adatti alla lettura, ma presa la mano (o meglio l'occhio) poi diventa relativamente semplice.
Riassumiamo: imposto una lettura spot, trovo un soggetto equivalente ad un grigio al 18%, leggo l'esposizione sul soggetto e la imposto in macchina. Che succede a questo punto? Semplificando possiamo dire che il centro della scala di luminosità registrabili dal mio supporto (sensore o pellicola che sia) coincide con il centro delle luminosità potenziali registrabili in quelle condizioni di luce sulla scena, quindi se la gamma di luminosità in scena è nei limiti del mio supporto registrero' correttamente ogni dettaglio. Se viceversa la gamma di luminosità in scena eccede le capacità del supporto di registrazione perdero' dettaglio nella direzione dell'eccedenza.
Per il momento mi fermo qui, mi accorgo che io sto semplificando fin troppo e la trattazione comunque non è discorsiva come speravo

Se qualcosa è comprensibile e sei interessato ad andare avanti, proviamo a fare qualche passo in piu', se hai dei dubbi esponili pure, compatibilmente con gli spazi del forum proviamo a chiarirli.
Rispetto alla tua richiesta iniziale manca ancora tutta la parte dell'interpretazione della scena, che non è propriamente poco, anche perché si trascina dietro conseguenze non da poco, ma rischiavo un post chilometrico ed ancor meno comprensibile, se mi hai seguito fin qui possiamo andare anche avanti

Ciao
Attilio