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Ricodream
Salve a tutti, ho da esporre delle problematiche che non riesco a chiarire al 100%.

probabilmente il quesito resulterà un po contorto wacko.gif

Presupposto: voglio saper fare delle foto "correttamente esposte" senza dover far uso del metodo di esposizione matrix, imparare a saper usare il metodo spot in ogni situazione ed avere un comprensione totale sull'argomento prima di cominciare a "giocare " con l'esposizione per dare in tocco più interpretativo alle foto.
Con "correttamente esposte" intendo più fedeli possibili a quello che l'occhio vede, cioè se c'è prevalenza sole con delle ombre, le obbre sono più scure ed è giusto che si vedano più scure, anche in una situazione con prevalenza di ombre (tipo una piazza circondata da case che sta totalmente in ombra) comunque l'occhio le vede come ombre anche se sono prevalenti e in questo caso l'esposimetro tende a sovraesporre; non so bene come funziona l'occhio ma deduco che dovrebbe vedere al meglio in una determinata quantità di luce non so, per ipotesi 10EV e tramite il dilatamento e lo stringimento della pupilla in base a quanta luce c'è, adatta l'occhio a ricevere sempre gli stessi 10 EV (sono valori ipotetici e grossolani in quanto l'occhio è molto più complesso).
Anche l'occhio ha la sua gamma dinamica, molto più ampia sia dei sensori digitali che delle pellicole,
ma comunque ha dei parametri, giusto, ombra, luce; se vede una cosa in ombra quella rimane più scura, tutto in relazione alla fonte principale d'illuminazione.
Se si esamina una stanza illuminata da una lampadina gli oggetti illuminati direttamente risultano nella zona "giusta" le ombre e gli oggetti più lontani risultano in "ombra" e più scuri fino al quasi nero di quelli più lontani, la lampadina risulta luminosa e bruciata, presumo che nella zona giusta ci siano i 10EV e nelle ombre scendono via via. Immagino che con la macchina fotografica sia la stessa cosa, tutto sta a trovare quei "10EV" dell'occhio e ralazionarli al contesto.
So che la gamma dinamica è molto differente e quindi non tutte le situazioni possono rientrare in questo discorso.
- E' possibile ricavare la quantità di luce più vicina a quella che percepisce l'occhio (in relazione alla macchina fotografica) direttamente con l'esposimetro o devo imparare a modificare a mano quello che scatto solo sfruttando l'esperienza che uno dovrebbe acquisire nel tempo?

-usando il metodo di lettura spot spesso il colore degli oggetti o elementi del paesaggio variano parecchio la lettura dell'esposimetro, a parte variate di tot stop la lettura di oggetti bianchi e di quelli neri, come posso regolarmi al meglio?
Non so se la domanda è comprensibile, comunque aspetto suggerimenti.

Grazie

Riccardo

enrico
Ciao Riccardo,
le cose non sono semplici. Il concetto di scuro e chiaro è un concetto relativo. Le macchie solari sono "scure" solo perchè meno luminose della fotosfera circostante, anche se la loro temperatura supera i 4000 gradi.
E' vero che il riflesso pupillare regola come un diaframma la quantità di luce che entra nell'occhio ed è vero che a certi livelli di luminosità c'è abbagliamento. Ma è pur vero che l'occhio è solo il primo anello di una catena che continua nei neuroni della corteccia occipitale.
Voglio dire che, se ti concentri sulle zone luminose di una scena, vedi quelle meno luminose come ombre; se ti concentri sulle ombre, le vedi più chiare e riesci a distinguerne i dettagli. Osservando una scena reale, l'adattamento della pupilla e di ciò che c'e dietro, ti permette di leggere di volta in volta i dettagli che vuoi (a parte il fastidio di un eventuale abbagliamento. Se osservi invece una stampa, le cose vanno diversamente e ciò che è scuro rimane scuro, mentre se i bianchi hanno perso i dettagli, un restringimento della pupilla non migliora la cosa. La vista è dinamica, la foto è statica.
Il problema è che l'occhio e la macchina fotografica non vedono allo stesso modo. Anche tu, quando osservi una scena, vedi quello che vuoi vedere, non la vedi nella sua interezza ma ne noti solo gli aspetti che attirano la tua attenzione. Nel modo di vedere intervengono, oltre agli occhi, la sensibilità di ciascuno, il carattere, l'emozione del momento. Per l'esposizione della macchina, devi regolarti tu per rendere la scena sulla stampa come l'hai vista e sentita nella realtà. Un altro fotografo potrebbe sentirla e riprodurla diversamente.
La visione non è un fatto oggettivo ma soggettivo. Anche in una fotografia di intento documentario, l'esposizione è regolata in modo da rendere al meglio i particolari importanti, e anche il decidere quali sono i particolari importanti non è che una opinione spesso soggettiva o funzionale a un particolare scopo.
Ciao
Enrico
Ricodream
Grazie Enrico per il discorso e devo dire di aver semplificato un po' troppo un argomento molto complesso, ma riassumendo in poche parole è come se mi manca un elemento o un punto di riferimento per poter rappresentare quello che vedo o come lo vedo.
Seguendo una scala gradienti di "comprenzione" è come se non riesco a salire un gradino che sta prima di quello dell'interpretazione, una fase non creativa e puramente tecnica.
Il metodo di esposizione matrix per quanto complesso è un metodo oggettivo, per cui a parità di situazioni espone con gli stessi criteri; il metodo matrix esegue semplici calcoli matematici fa medie con i valori e rilascia un valore finale.
Se ipoteticamente vi è una situazione uniformemente illuminata con oggetti simili effettuando diverse letture, comunque l'esposimetro mi dirà che in quella scena c'è luce X da scattare ad una determinata coppia tempo diaframma e in quel caso la fotografia sarà simile a quello che si guarda; alla fine l'esposimetro ti dice c'è X luce e devi scattare per X luce.
Nel caso di una montagna con il versante in ombra e il cielo blu con una nuvola potrei scattare due foto diverse:
1 predo la lettura sulla nuvola e ottengo una nuvola con tutte le sfumature leggibili e la montagna in siluette
2 prendo l'esposizione sulla montagna e magari sottoespongo di 1 o 2 stop e ottengo la montagna abbastanza leggibile ma scura, cielo celeste e la nuvola parzialmente bruciata.

Magari la foto 1 verrà suggestiva ed esteticamente accattivante, ma non rivedrei quello che ho visto in quel momento.

la foto 2 sarà brutta e magari insignificante, sarà sbagliata in quanto ha la nuvola bruciata, ma si avvicina di più a quello che vedevo quando stavo lì.

Spero di aver dato un elemento in più per far capire il mio dilemma.

Grazie

Riccardo
davidebaroni
Beh, Riccardo, c'è un altro aspetto della questione.
La fotografia non ti restituirà MAI "quello che hai visto in quel momento", proprio per le ragioni che Enrico ti ha esposto nel suo messaggio. Non solo, ma la memoria visiva stessa, come tutte le forme di ricordo, viene (neurologicamente) riscritta ogni volta che si accede al ricordo, e quindi fra un anno, magari in un certo stato emotivo, il tuo ricordo di "quello che vedevi" sarà diverso da quello che hai adesso, o in un altro stato emotivo. smile.gif
Ma il punto, come dicevo, è (anche) un altro.
Qual é lo scopo della tua fotografia? Riprodurre il più esattamente possibile quello che ricordi di aver visto, o trasmettere il meglio possibile quello che hai provato, o un messaggio di qualche tipo?
Perché in quest'ultimo caso, nel caso in cui la fotografia è comunicazione, il "cosa ho visto" diventa secondario rispetto a "come posso trasmettere quella sensazione/emozione/messaggio?".
Non so se ti sia chiara la differenza... ma c'è, ed è sostanziale.
L'esposizione è un elemento "linguistico" della fotografia. La si usa per esprimere certe sfumature "emotive", per definire il soggetto di una foto, per determinare dei rapporti di relazione fra gli elementi presenti nell'immagine... Una foto come quella che descrivi come esempio, esposta come nel primo caso, configura una certa relazione fra gli elementi che la compongono, e veicola un certo tipo di "messaggio". Esposta come nel secondo, tutto un altro... Qual é quella "giusta"?
Semplice.
Quella che trasmette quello che tu volevi trasmettere. smile.gif
Come dice Enrico... esponi per i "particolari importanti". Ma quali siano questi particolari importanti, la loro gerarchia, la decidi TU a seconda di su cosa vuoi dirigere l'attenzione. smile.gif
Ciao,
Davide
Beppeiaf
è il dilemma di tutti quelli che fotografavano con le dia, latitudine di posa limitatissima.
Prima si risolveva con filtri digradanti, adesso si usa il cosiddetto HDR..
Attilio PB
Ciao Riccardo,
aggiungo un paio di note a quanto già detto da Enrico e Davide.
Non solo il processo di visione è un processo dinamico, ma a differenza di quanto si crede normalmente il nostro processo di visione è fortemente sbilanciato verso il centro del campo visivo: davanti a me ho un monitor da 24 pollici e sono distante circa 75 cm da esso, guardo il monitor e guardo dove sto scrivendo (in alto quasi al centro), nel mio campo visivo c'è tutto il monitor ed una discreta fetta di contorno, se accade qualcosa nella stanza ne ho percezione, cosi' come se si dovesse muovere qualcosa in basso nel monitor, ma per osservarlo correttamente e capire di che si tratta, sono obbligato a volgere lo sguardo in quella direzione, volgendo lo sguardo aggiusto automaticamente l'occhio per osservare correttamente il nuovo punto. In questo processo ovviamente andiamo anche ad adattare l'apertura della pupilla in modo da leggere correttamente il dettaglio in quel punto con la giusta luminosità.

In fotografia invece dobbiamo partire da un presupposto del tutto diverso.
Abbiamo davanti a noi una scena che presenta una gamma di luminosità diverse, per comodità diciamo di tenere per buoni i dieci stop di cui parlavi tu.
Poi abbiamo un supporto (il sensore) in grado di registrare dettaglio in una gamma di luminosità, diciamo anche in questo caso, di dieci stop.
Cio' che dobbiamo fare è far coincidere, grazie ad un'esposizione corretta, la gamma di luminosità della scena con la gamma di luminosità registrabile dal sensore, in questo modo avremo una prima base di partenza: abbiamo registrato la maggior quantità di dettaglio possibile ottimizzando la resa del sensore.
E' una base di partenza importante perché togliere dettaglio quando se ne ha molto è operazione sempre praticabile, non è invece fattibile il contrario, aggiungere dettaglio quando non lo abbiamo.
Naturalmente non è sempre cosi' facile, spesso la scena presenta una gamma di luminosità che eccede la capacità del sensore e quindi dovremo operare delle scelte sacrificando di volta in volta alte luci oppure ombre, bruciando le prime o chiudendo le seconde, in alcuni casi potremmo essere costretti a fare entrambe le cose.

Come ottenere il risultato di far coincidere la gamma di luminosità della scena con quella del sensore? Questa è una questione davvero complessa e non facilmente sintetizzabile, proviamo a mettere sul fuoco qualche elemento e vediamo dove arriviamo.
Tu dici che il Matrix è un sistema oggettivo di valutazione, in realtà il matrix è un sistema che "interpreta" e non "legge" la scena, cioè l'operazione che fa è quella di leggere i vari punti della scena, incrociarli con i dati della messa a fuoco, incrociarli con i dati del suo data base interno e quindi cercare di capire, interpretare appunto, cosa il fotografo è interessato ad esporre correttamente. Viceversa la lettura spot è una vera e propria lettura oggettiva, legge la luce riflessa da un punto della nostra scena e restituisce i valori di esposizione per fare si che quel punto di lettura risulti pari ad un grigio al 18%, se puntiamo un oggetto grigio al 18% avremo un'esposizione tecnicamente corretta; attenzione, quando parliamo di grigio al 18% parliamo di un grigio con un grado di brillantezza del 18%.
Perché si usa il grigio al 18%? E' importante saperlo, perché ci fa capire dove puntare il nostro esposimetro. Si usa il grigio al 18% (percentuale sulla quale in realtà ci sarebbe altro da dire ma che teniamo per buona per non complicarci troppo la vita) perché è il grigio che presenta una luminosità media, la nostra percezione della luminosità degli oggetti è logaritmica infatti, quindi le superfici che ci interesseranno per leggere l'esposizione saranno quelle che appunto presentano una luminosità media. Se usiamo come riferimento il sistema zonale semplificato ad undici zone ( 0 - I - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X, dove la zona 0 corrisponde al nero e la zona X al bianco, usato solitamente nel cinema ed ampiamente sufficiente per i nostri scopi), avremo che il grigio al 18% ricade esattamente al centro della scala, in zona V, mentre un soggetto con una brillantezza del 50% ricade addirittura in zona VIII.
La parte bella di questa semplificazione è che funziona: il mondo presenta mediamente una brillantezza del 18%, il verde di un prato, la pelle della mano, ma anche la maggior parte degli oggetti che ci circondano, a prescindere dal colore, presentano una brillantezza del 18%, certo si tratterà di fare un po' di esercizio ed imparare a valutare i soggetti adatti alla lettura, ma presa la mano (o meglio l'occhio) poi diventa relativamente semplice.

Riassumiamo: imposto una lettura spot, trovo un soggetto equivalente ad un grigio al 18%, leggo l'esposizione sul soggetto e la imposto in macchina. Che succede a questo punto? Semplificando possiamo dire che il centro della scala di luminosità registrabili dal mio supporto (sensore o pellicola che sia) coincide con il centro delle luminosità potenziali registrabili in quelle condizioni di luce sulla scena, quindi se la gamma di luminosità in scena è nei limiti del mio supporto registrero' correttamente ogni dettaglio. Se viceversa la gamma di luminosità in scena eccede le capacità del supporto di registrazione perdero' dettaglio nella direzione dell'eccedenza.

Per il momento mi fermo qui, mi accorgo che io sto semplificando fin troppo e la trattazione comunque non è discorsiva come speravo smile.gif
Se qualcosa è comprensibile e sei interessato ad andare avanti, proviamo a fare qualche passo in piu', se hai dei dubbi esponili pure, compatibilmente con gli spazi del forum proviamo a chiarirli.

Rispetto alla tua richiesta iniziale manca ancora tutta la parte dell'interpretazione della scena, che non è propriamente poco, anche perché si trascina dietro conseguenze non da poco, ma rischiavo un post chilometrico ed ancor meno comprensibile, se mi hai seguito fin qui possiamo andare anche avanti wink.gif
Ciao
Attilio
Ricodream
Sono contento di trovare persone con tanta pazienza che cercano di autarmi nel mio dilemma.

prendendo in esame questo:

"Riassumiamo: imposto una lettura spot, trovo un soggetto equivalente ad un grigio al 18%, leggo l'esposizione sul soggetto e la imposto in macchina. Che succede a questo punto? Semplificando possiamo dire che il centro della scala di luminosità registrabili dal mio supporto (sensore o pellicola che sia) coincide con il centro delle luminosità potenziali registrabili in quelle condizioni di luce sulla scena, quindi se la gamma di luminosità in scena è nei limiti del mio supporto registrero' correttamente ogni dettaglio. Se viceversa la gamma di luminosità in scena eccede le capacità del supporto di registrazione perdero' dettaglio nella direzione dell'eccedenza."

In base a dove leggo il grigio medio il centro della scala di luminosità si sposta, cioè lo stesso oggetto in ombra mi da un valore, al sole me ne da un altro dando 2 foto diverse.
Essendo l'ombra una diminuzione di luce da parte di un'ostacolo, teoricamente per rappresentare meglio possibile quello che si vede, la lettura esposimetrica del grigio medio sull'ombra non dovrebbe mai essere al "centro della luminosità" anche perche (nel caso di ombre forti) il concetto di ombra svanirebbe.
Quindi come determinare il punto migliore per fare la lettura?
In una ipotetica scena dove ci sono oggetti illuminati, ombre forti e varie gradazioni di ombre immagino che la lettura migliore della luce la potrei fare in prossimità della zona illuminata, tenendo conto dei limiti del sensore della macchina fotografica.

Paragono l'occhio alla macchina fotografica, perchè comunque ha una gamma dinamica limitata, per quanto superiore alle apparecchiture fotografiche, con il centro della gamma che presumo sia il punto di massimo dettaglio, cosi quindi l'occhio cerca di adattarsi e portare il più possibile la luce ambiente nel centro della sua scala dinamica, di notte l'occhio cerca di portare il valore luce ad un valore di centro gamma, ma non ci riesce nonostante la pupilla dilatata al massimo, riuscendo a distinguere pochi elementi, il resto si perde.

Il discorso che voglio fare è come dire una "foto d'insieme" che non si ottiene magari facendo una semplice media; è vero che l'occhio si adatta ma entro certi limiti, sto al sole e vedo alcuni dettagli delle ombre, andando all'ombra aumentano un po' di dettagli delle ombre, l'occhio si adatta, ma non vedrò mai con la stessa luminosità gli oggetti in ombra di come fossero al sole, il concetto di ombra rimane comunque, magari si ammorbidisce ma non scompare.

Dove puntare l'esposimetro per avere il centro della gamma dinamica della macchina fotografica vicino a quella dell'occhio?

Speriamo alla fine di arrivare ad una conclusione unsure.gif
enrico
Il tuo è in fondo un discorso sull'esposizione zonale esposto originariamente da Ansel Adams.
Funziona bene col B/N, qualche complicazione con il colore.
Se il contrasto della scena è basso, non ci sono problemi: la pellicola od il sensore è in grado di registrare i dettagli sia nelle luci che nelle ombre. All'atto della stampa sta poi a te regolare il contrasto dell'immagine.
Se il contrasto della scena è elevato e supera la gamma dinamica dell'elemento registratore d'immagine, devi fare una scelta (a meno di non utilizzare metodologie come l'HDR), sacrificando le luci o le ombre. E la scelta dipende dai tuoi gusti e dal tipo di scena che hai di fronte.
Dove puntare l'esposimetro? Sulla zona che vuoi venga resa con una tonalità media di grigio. Facendo delle letture spot sulle altre zone e calcolando di quanti stop si distanziano dall'esposizione di macchina scelta, puoi farti un'idea di quale grigio risulteranno e quali andranno "fuori gamma".
Questo non fa una piega per la pellicola. Per il digitale le cose si complicano un poco perchè la risposta dei ccd è doversa da quella della pellicola.
Enrico
Attilio PB
Purtroppo fare il paragone con l'occhio umano è davvero fuorviante, il nostro meccanismo di visione è molto complesso e non è riproducibile con semplicità, nel nostro occhio abbiamo recettori diversi per diversi livelli di luminosità, che si sovrappongono ed alternano nel compito della visione in funzione della luminosità ambientale, con una serie di conseguenze anche sulla percezione delle luminosità e dei colori che, nella visione crepuscolare e notturna, scompare, o meglio subisce uno shift verso i toni del blu, per cui di notte abbiamo una percezione delle luminosità falsata in funzione dei colori dei soggetti che osserviamo, nonostante poi in realtà la luce lunare che illumina il nostro mondo notturno continui ad essere la stessa luce solare dallo spettro completo; di tutta la fisiologia della visione pero' possiamo tranquillamente fare a meno (le occasioni in fotografia in cui serve conoscerla sono rarissime e riservate a pochi ambiti strettamente professionali).

Quello che a te interessa è l'avere uno scatto che riproduca la scena che tu vedi.

I casi, come ti ha accennato Enrico, sono sostanzialmente due:
- basso contrasto ed illuminazione diffusa
- alto contrasto con forti luci e forti ombre

Nel caso di una scena a basso contrasto, un panorama in una giornata coperta ad esempio, il problema non si pone affatto, avrai una differenza tra alteluci ed ombre poco marcata e riuscirai a registrare sul tuo supporto informazioni in abbondanza in tutte le zone della tua scena, sia quelle piu' luminose che quelle piu' in ombra, quindi lo scatto ti offrirà una ricchezza di dettagli ed una percezione del contrasto della scena del tutto similare a quella che percepisci nella visione.

Il problema nasce con le scene ad alto contrasto, dove troviamo ombre profonde e luci molto alte.
Eliminiamo subito gli stratagemmi come l'HDR: con gli HDR altro non facciamo che uniformare zone con luminosità molto diverse all'interno di un range riproducibile dal nostro supporto di visione. Da un punto di vista prettamente tecnico è la cosa che piu' si avvicina al processo di visione, zone ad alta luminosità e zone a bassa luminosità riprodotte in modo da essere ben percepibili, tuttavia l'effetto finale che otteniamo è di assoluta incongruenza con una scena reale che abbiamo osservato, perché? Perché in realtà prima' dei singoli particolari noi riceviamo un'impressione dalla scena che osserviamo: siamo in spiaggia a mezzogiorno in pieno agosto, siamo in grado di osservare correttamente sia dei dettagli in piena luce che dei dettagli dei nostri amici sotto l'ombrellone, tuttavia l'impressione generale che traiamo dalla scena è un'impressione di forte luminosità e forte contrasto con i nostri amici in ombra, se poi ci soffermiamo sugli amici riusciamo a coglierne numerosi dettagli, ma se riproduciamo la scena abbattendo il contrasto di luminosità tra contorno molto luminoso ed ombre sotto l'ombrellone avremo un effetto sgradevole, irreale, proprio perché prima dei dettagli noi percepiamo i rapporti di contrasto tra i diversi elementi.
La medesima cosa accade con scene molto buie: siamo in una baita di montagna di notte con il caminetto acceso ed una bella fiamma viva, complessivamente la stanza risulta sostanzialmente buia, con alcuni elementi molto vicini al camino ben illuminati. La nostra percezione complessiva è di una stanza buia ma se ci soffermiamo su un oggetto ben illuminato lo percepiremo piuttosto bene.
Come ci si comporta in questi casi? Quello che ci interessa principalmente è restituire l'impressione tratta dalla scena piuttosto che il maggior dettaglio possibile, per avvicinarci il piu' possibile alla nostra visione dovremo esporre in modo rimanere fedeli alla percezione della scena che abbiamo avuto, sottoesporre drammaticamente una scena molto luminosa, sovraesporre in modo importante una scena sostanzialmente buia porterà in molti casi a riempire forse meglio il nostro sensore, con la quantità corretta di dati (ed è quello che tende a fare il Matrix), ma in alcune situazioni ci porta distanti dalla realtà che abbiamo percepito.
Se prendiamo ad esempio la stanza buia con il camino acceso, il matrix tenderà a restituirci una scena di luminosità media, dal punto di vista dell'efficienza nella raccolta dei dati sicuramente un vantaggio, ma sostanzialmente lontana da cio' che abbiamo visto.

In una situazione di alto contrasto dove puntare l'esposimetro quindi? Questo potra' dirtelo l'esperienza e la sensibilità, come diceva Enrico sul tono che desideri venga riprodotto come grigio medio, quale sia questo tono, se sceglierlo in piena luce oppure in ombra, in una zona o in un'altra, dipende strettamente da che impressione hai ricavato dalla scena che hai visto e come hai intenzione di riprodurla, se l'impressione che hai ricavato dalla scena è che sei al mare con molta luce e gli amici sono all'ombra dell'ombrellone, dovrai valutare un soggetto che restituisca la scena luminosa e gli amici in ombra, anche ombra marcata, quindi fondamentalmente cercherai un soggetto ben illuminato dal sole su cui valutare l'esposizione, anche a costo di perdere dettaglio sugli amici.
Ciao
Attilio
enrico
Il desiderio di Riccardo è quello dell'oggettività. Quella dell'oggettività è una illusione che la nascita della Fotografia suscitò nei primi tempi. Quando si dipinge, ogni particolare del quadro è ben noto al pittore perché è lui che lo ha creato. I primi fotografi invece si stupivano, osservando le loro foto, di quanti particolari vi fossero registrati e di cui non si erano accorti al momento dello scatto.
La Fotografia venne così definita una "impronta" della realtà. Ma si è poi capito che così non è: la fotografia non è un'impronta del reale. La Fotografia non può essere oggettiva, come non è oggettiva la visione che abbiamo di ciò che ci è intorno.
Addirittura, se ci rifletti bene, noi non vediamo le cose, ma semplicemente la luce che le cose ci riflettono, modificata dal loro colore e dalla loro superficie. Quello che vediamo è l'energia del sole o di una lampada, dalle cose modificata e queste modifiche ci portano delle informazioni parziali sul mondo che ci circonda. A seconda della qualità della luce, del suo colore e della direzione dalla quale proviene, gli oggetti ci appaiono sempre in modo diverso. A ciò si aggiungono poi i fattori neurologici e psicologici di cui ha parlato Davide.
Riccardo, allora è inutile a mio avviso correre alla ricerca di una presunta oggettività. Quello che puoi fotografare è solo la soggettività del tuo sguardo.
Enrico
syd952
accipicchia... scrivere dopo enrico ed attilio mi mette una certa... impressione (e paura di dire banalità) ma ci provo

da quello che ho capito io del sistema zonale, è tutta una questione di interpretazione, quindi il "gradino" che riccardo ha paura di aver saltato forse non esiste, ma fa parte di un unico "gradone"...
premesso che non ho la capacità e l'esperienza per spiegare le cose, provo a farmi capire con un paragone: non hai bisogno di capire quali punti di una scena siano quelli più vicini al grigio neutro, ma ti serve solo capire quali parti di una scena vuoi far venire come nere o bianche (zona I o X, o anche II o IX capiscimi) e regolarti di conseguenza: scatti una scena in cui c'è una casa bianca con una porta chiusa e vuoi far risaltare il bianco perchè vuoi trasmettere l'idea del caldo e delle due di pomeriggio di una giornata estiva? lascia leggere alla macchina la coppia tempo diaframma per rendere grigio neutro il bianco della casa e poi sovraesponi a piacimento di 3 o 4 stop nel modo che vuoi (tempi o diaframmi)

all'inizio scatta in raw (con d-lighting disattivato, che altrimenti fa come un leggero hdr anche se in modo diverso) così puoi correggere eventuali errori in fase successiva, poi quando ti senti sicuro vai in jpg
Campanelli-no
per il momento "studio" da autodidatta, quindi uso questo forum anche come contenitore di nozioni tecniche.
premesso questo, se non dò fastidio, mi vorrei inserire con un paio di domande.
mi scuso se possono rappresentare un passo indietro rispetto al livello tecnico della discussione, peraltro piuttosto elevato, mi pare...

vado sul pratico, situazione da "turista" in città: pieno giorno, cielo terso con luminosità molto maggiore del resto della scena, ad esempio case. scatto in matrix, e il cielo viene "bruciato"
allora scatto in spot e voglio salvare tutta la scena: cielo "normale" e case esposte correttamente con particolari ben evidenti.
allora, io che non sono capacissima, che faccio? punto la fotocamera verso il cielo, blocco l'esposizione col tasto magico rolleyes.gif AE/L - AF/L (impostato solo AE) della D80, ricompongo la scena e scatto.
poi i dubbi:
- se c'è una forte differenza di luminosità, le case dovrebbero essere scure (sottoesposte), ma mi viene insegnato che esiste la compensazione dell'esposizione: è corretto usarla?

- prescindo - forse sbagliando- dai dati di scatto, dando per scontato un diaframma chuiso e un tempo coerente, quindi un esposimentro equilibrato. se uso la funzione dell'area AF selezionabile a piacere, devo presupporre che questa non privilegi lo stesso punto della scena che sta leggendo l'esposimentro (dove legge l'esposimetro unsure.gif )......
mi viene detto che l'esposimentro è "bugiardo", come faccio a capire quando e come "mente".

tutto questo prima di arrivare a stabilire dove posso trovare un grigio medio e come rendere tutte le variabili di illuminazione di cui sopra....

vi ringrazio se vorrete dedicarmi attenzione.

un saluto

cristina

enrico
Ciao Cristina,
l'esposimetro non è bugiardo, è uno strumento, una "macchina" che dà delle indicazioni. Occorre saperle interpretare. Il discorso del cielo e delle case implica un forte contrasto (salvo un cielo coperto con luce diffusa). In caso di forti contrasti, la pellicola o il sensore non ce la fanno a registrare nel dettaglio contemporaneamente ombre e luci. Sei tu che devi scegliere cosa sacrificare. Ti interessa il bel gioco di nubi? Sacrifica le case che ovviamente non riempiranno tutta l'inquadratura ma relegherai ad una zona limitata. Ti hanno colpito le abitazioni? Sacrifica il cielo, inquadrandone il meno possibile però. Ti interessano entrambi? Più scatti da unire in PP o mediante HDR. Il matrix fa una media della luminosità della scena. Lo spot ne legge una piccolissima zona. Sta a te puntarlo nei punti opportuni, coglierne le informazioni, elaborarle e decidere di conseguenza.
Un saluto
Enrico
Campanelli-no
QUOTE(enrico @ Sep 23 2009, 02:02 PM) *
Ciao Cristina,
l'esposimetro non è bugiardo, è uno strumento, una "macchina" che dà delle indicazioni. Occorre saperle interpretare.

si, certo, infatti ho virgolettato... wink.gif

QUOTE(enrico @ Sep 23 2009, 02:02 PM) *
............... Lo spot ne legge una piccolissima zona. Sta a te puntarlo nei punti opportuni, coglierne le informazioni, elaborarle e decidere di conseguenza.
Un saluto
Enrico


ok, enrico, fin quì tutto chiaro. forse non sono stata abbastanza esplicita nel porre l'accento sulle domande effettive:
- nel caso di esposizione spot, diciamo che ho già scelto quale parte della scena privilegiare; se questa è il centro della scena (e tutte le cose che hanno pari livello di illuminazione), nulla quaestio, immagino.
se invece ho spostato l'area AF in un punto diverso dal centro della scena, immagino che esposimentro e messa a fuoco non stiano lavorando "insieme"...
l'esposimetro legge, forse, al centro dell'obbiettivo?
- secondo aspetto, rivolto la domanda: come/quando si usa il blocco dell'esposizione (ed evetualmente la compensazione)?
poi devo eventualmente anche considerare come imposto gli ISO, visto che ho notato che a valori alti di sensibilità vengono foto molto più "esposte" di quanto l'esposimetro, sbilanciato verso -, voglia far credere...

intanto grazie per la risposta
passo e attendo.
spero di non aver incasinato la discussione... unsure.gif


enrico
Quando uso l'esposimetro su spot, lavoro sempre in manuale. Per il tuo quesito occorre dare una occhiata al libretto d'istruzioni per vedere come fare per bloccare separatamente MAF ed esposizione. Quando vado su spot, generalmente lo faccio per misurare il contrasto della scena e decidere quali zone far rientrare nel campo della gamma della pellicola o del sensore.
Io mi trovo bene in manuale, sarà per le molte primavere attraversate ;-). Blocco magari la messa a fuoco, ma l'esposizione la regolo separatamente impostando diaframma e tempo. Tutto questo lo si può fare ovviamente nei ritratti e nei paesaggi, quando non bisogna cogliere l'attimo...
E poi, c'è un'altra considerazione: lo strumento "curve" di Photoshop permette davvero di plasmare i chiaroscuri in maniera fine. L'importante è avere un file ricco di informazioni. Certo, torniamo al concetto di corretta esposizione.
Enrico
Campanelli-no
si, si... M anche io.
ma qualche dubbio resta... sleep.gif

comunque grazie ad enrico per la risposta wink.gif
Ricodream
Dopo qualche tempo di riflessione sono arrivato alla conclusione, che per ottenere le foto che desidero non posso attenermi solamente ai valori numerici, ho bisogno di un lungo allenamento per riconoscere a prima "vista" quanta luce e che tipo di luce e saperla automaticamente relazionare ai parametri della macchina fotografica.
Ora come ora le foto che faccio hanno una tolleranza di 1/3 - 2/3 a volte 1 stop; lavorando in digitale riesco sempre a recuperare. Spero che per imparare a "riconoscere" la luce non debbano passare 100000 foto.
Grazie a tutti per i consigli e le nozioni esposte (e la pazienza).

Riccardo
enrico
Riccardo, grazie a te per l'opportunità che ci hai dato di parlare e riflettere sulla fotografia.
Non debbo dirtelo perché lo sai già: non dimenticare mai che la tecnica, pur se importante, viene dopo i contenuti. Concentrati su questi e sul linguaggio.
Buona luce
Enrico
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