Tuttavia le autorità israeliane hanno negato l'ingresso alla nostra delegazione.
Scopo della delegazione è stato quindi quello di visitare i campi profughi di Betlemme, quello di Nablus, visitare la città di Hebron e un piccolo villaggio palestinese ai margini del deserto del Negev minacciato dai coloni israeliani.
Non è stato un viaggio turistico e per me è stata una prima esperienza, ovviamente indimenticabile. La realtà vissuta ogni giorno dai palestinesi è drammatica e difficile.
Vorrei presentare alcune fotografie dell'esperienza vissuta, consapevole di non riuscire a rendere conto della drammaticità che ho colto.
Tuttavia ho ritenuto di presentare qui sul sito dove di solito presento immagini da amatore della fotografia, perchè mi è sembrato un modo di rendere giustizia ad un paese, la Palestina, straordinariamente bello e interessante dal punto di vista turistico, abitato da gente accogliente, attaccata alla propria terra e colma di speranza che un giorno potrà tornare nelle case da cui sono stati allontanati fin dal 1948.
Non ci sono soltanto terroristi e kamikaze. Ci sono bambini, uomini e donne che si alzano al mattino e vivono con le stesse nostre passioni, gli stessi nostri desideri. Ma con molte libertà in meno. Con molta libertà in meno.
A tutti loro dedico queste immagini e spero di riuscire a trasmettere a tutti voi qualche briciola di quella passione per la libertà che là ho sentito e che mi ha scosso dal torpore con cui vi ero arrivato.
Scusate l'introduzione un po' prolissa, ma non potevo esimermi dal mettere una cornice che spiegasse un po' e permettesse di andare oltre l'occhio soltanto turistico o fotografico.
Buona visione.
E se avete commenti, come sempre, saranno graditi.
Non posso non cominciare dal muro, 700 km di assurda separazione.

Col contrappunto minaccioso di centinaia di torrette.
Questo è il muro di Betlemme.

Qualche immagine di bambini e di ragazzi, colta nel campo profughi di Deishe, a Betlemme





Ed ora mi prendo un po' di tempo per preparare le prossime.
Grazie a chi si è voluto fermare.
Giovanni Cappello