Qui sorge il quartiere del Clot, frazione periferica inglobata nella città agli inizi del secolo scorso.

Al Clot convivono tre differenti strati di urbanizzazione: le piccole e vecchie abitazioni dell'impianto preindustriale, l'edilizia popolare degli anni settanta e qualche scampolo di modernità visibile sopratutto lungo l'avinguda Meridiana, risultato degli interventi effettuati per le olimpiadi di cui al Clot sono toccate soltanto le briciole.

Molti lavori progettati o iniziati allora, a distanza di anni non sono ancora terminati.
Le analogie con il mio natio quartiere di Borgo Vittoria, a Torino, sono parecchie e non riguardano solo l'aspetto urbanistico.

Anche la popolazione è simile, composta prevalentemente da immigrati e da anziani (nati nel quartiere o stabilitivisi negli anni dello sviluppo industriale). I giovani percentualmente sono pochi, evidentemente preferiscono altre zone della città, più moderne, servite e sviluppate.

Non ci sono solo analogie; due differenze saltano immediatamente agli occhi.
La prima è il grande numero di piccole attività commerciali e artigiane, sintomo di una politica economica che ancora non ha soffocato la piccola iniziativa privata. Le serrande chiuse sono veramente pochissime.
La seconda è l’ottimo livello di integrazione della popolazione immigrata (africani, orientali e ispanoamericani) e questo nonostante l’identità catalana sia estremamente radicata e molto ben protetta.

Incontro Pepe, un pensionato SEAT di settantacinque anni che, fatto salvo un breve periodo di sfollamento negli anni della guerra civile, ha trascorso tutta la vita al Clot; gli domando:
«Come va qui?».

Pepe è presente e arguto, ha antiche origini italiane e (complice anche l’ottimo livello qualitativo dell’informazione spagnola) è anche ben al corrente dei fatti di casa nostra; capisce subito dove voglio andare a parare e mi risponde:
«No, no. Qui non ci sono problemi…
C’è la crisi, certo; quella c’è dappertutto, ma la gente non è nervosa.
Qui è sicuro, qui si vive tranquilli.»
In effetti anch’io ho girato di notte, da solo, con la mia macchina fotografica al collo, senza mai provare la sensazione di essere in pericolo.

I casi più disagiati sono seguiti da un ottimo servizio di assistenza sociale che offre assistenza sanitaria, refezione, aiuto nella ricerca di abitazioni e, quando possibile, collocamento.
Ho chiesto a un responsabile il permesso di scattare qualche fotografia e di fare qualche domanda; mi ha risposto con un sorriso dispiaciuto «Aquì no se puede sacar foto…», così ho cancellato dalla scheda anche gli scatti rubacchiati all’esterno del centro; se non si può non si può, avranno le loro ragioni.

Girovagando notte e giorno per il Clot, mi è impossibile non fare paragoni con le borgate della periferia nord di Torino: San Donato, Borgo Vittoria, Barriera di Milano…

Io non sono mai stato un esterofilo, anzi…
Se devo dire la verità le persone che per principio sostengono che in Italia fa sempre tutto schifo e all’estero è sempre tutto rose e fiori mi danno persino un po’ sui nervi.
Però certe cose, qua da noi, aspetto ancora di vederle.

Roberto